da Roma
Lavora «pancia a terra» al Network liberale e liberista che lancerà mercoledì per «promuovere la società della scelta» partendo da dieci punti precisi. E ancora non ne svela il nome né i partecipanti. Ma, assicura, «questione di mesi e decideremo con chi stare», perché «non credo ad avventure terziste» e «resto convinto bipolarista e bipartitista». «Sce-glie-re-mo», scandisce. E ha parole di elogio per Montezemolo e qualche critica da fare a Veltroni, perché il discorso del Lingotto «non è stato blairiano» come si aspettava e «davvero silenzioso» sulla questione referendum. Per il momento, però, resta a tutti gli effetti nel Partito radicale e nel gruppo parlamentare della Rosa nel pugno. Ma senza polemizzare con Pannella e gli altri dirigenti del suo partito. Anzi, ripete ecumenico più d’una volta, «faccio a tutti i miei auguri». Anche se, ammette, «un filo di sconcerto lo provo». Tanto che pure a qualche vicenda del passato - come lo scontro per la segreteria tra lui e Della Vedova che portò il secondo a lasciare il partito - oggi Daniele Capezzone guarda con occhi un po’ diversi («è vero, commettemmo tutti un grave errore»).
Partiamo dalla fine. Questa sarà la prima domenica da anni senza che sia lei a condurre la rassegna stampa di «Radio radicale».
«Sono molto dispiaciuto. Anche perché Bordin (il direttore, ndr) non si è fatto neanche sentire e sono venuto a sapere del “licenziamento” dalla stampa. Detto questo, comprendo la situazione di disagio e imbarazzo in cui si è trovato, non avrei voluto essere nei suoi panni».
Veramente a gennaio Bordin la difese a spada tratta quando Pannella chiese in diretta la sua testa. Solo che a suo avviso oggi il progetto del Network è qualcosa che «nulla ha a che fare con i radicali».
«Uno la può girare come vuole. Certo, la prossima volta che sentiremo parlare di bavagli resteremo un po’ perplessi. Quel che più mi dispiace è vedere un rischio di risposte intolleranti proprio nel luogo che ha insegnato agli italiani a difendersi dall’intolleranza. E siccome sono affezionato a quella storia, preferisco non partecipare al dibattito. Anzi, tendo una mano a tutti».
Bernardini ha chiesto le sue dimissioni dalla presidenza della Commissione Attività produttive della Camera.
«Provo un filo di sconcerto, visto che persino nei Ds nessuno si è sognato di chiedere le dimissioni a Mussi o Salvi».
L’impressione è che la sua strada e quella dei Radicali si stiano ormai decisamente allontanando.
«Non mi piace il termine allontanamento, preferisco la parola costruzione. Il tema oggi è uscire da questo sistema dei partiti per costruire qualche altra cosa. Per usare uno slogan, “non un nuovo partito ma una nuova Repubblica”. E su questo lavoreremo con il Network. Spero che con il tempo anche gli amici radicali, parlo dei dirigenti, capiscano che è la strada giusta».
Resta nel partito?
«Assolutamente sì, mi guardo bene dal restituire la tessera».
Resta anche nel gruppo parlamentare della Rosa nel pugno?
«Non ho alcuna intenzione di uscire, continuerò a versare come sempre seimila euro al mese».
Prima i Volenterosi, oggi il Network. Sono iniziative difficili da conciliare con la permanenza in un partito che non le appoggia.
«Sono stato il primo a dire che Prodi e Visco stavano prendendo di mira le piccole imprese e il primo a porre il problema degli studi di settore. Che devo fare, per ragioni di partito devo imbavagliarmi ed essere sordo, cieco e muto?».
E così è nato il Network.
«Già. Un esperienza che può dare speranza a tanti, al mondo produttivo ma anche agli outsider, a chi è fuori dai fortini del privilegio. Il nostro sarà un percorso radicale e moderato, nel quale non è importante chi ci sta ma dove si va e cosa si fa. Per questo presenteremo dieci temi chiave proponendo soluzioni precise. E vedremo quali forze politiche sono disposte ad appoggiarci».
Insomma, farete una scelta.
«Nei prossimi mesi decideremo. Ma certo, da bipolarista e bipartitista convinto, dico no a operazioni terziste. O da una parte o dall’altra. O con il centrodestra o con il centrosinistra».
Come giudica il discorso di Veltroni al Lingotto?
«Ci sono stati aspetti positivi, ma mi sarei aspettato un gesto di rottura. Avrebbe dovuto dire: “Non farò alleanze con la sinistra comunista”. Blair lo avrebbe fatto».
E Montezemolo?
«La sua relazione è stata splendida, quasi integralmente sottoscrivibile. Non capisco perché la politica lo veda come un’insidia».
Dopo il Network, quale sarà il prossimo obiettivo?
«Intanto, grazie al Network, permettere a singoli, associazioni e movimenti di mettersi in moto sul piano territoriale e telematico. Poi, entro l’anno, organizzare una marcia dei 40mila che dia voce al popolo degli outsider e dei non garantiti».
Al che sarebbe percorribile anche la strada di creare un gruppo parlamentare autonomo all’interno del misto?
«Vedremo. Il primo passo va fatto nel Paese, poi potremmo pensare se dargli un seguito anche in Parlamento».
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