La capitale-babele Vi si parlano quasi 200 lingue

Il Cupolone come la Torre di Babele. Nella capitale si parlano 195 lingue. Un residente su 10 è straniero, un bambino su 7 ha origini non italiane. A Roma e nel Lazio è inarrestabile il boom dell’immigrazione dai paesi dell’Est Europa e del Terzo mondo. Con numeri vertiginosi. Fra meno di 10 anni gli immigrati a Roma saranno il doppio di oggi. Lo dicono gli ultimi dati della Caritas, che ha presentato ieri al Teatro Orione il Dossier Statistico sull’immigrazione 2008.
Ai 278.540 stranieri, registrati dall’Istat in provincia di Roma al 1 gennaio 2007, la Caritas aggiunge i nuovi arrivati dell’ultimo anno, i nuovi nati, i ricongiungimenti familiari, e soprattutto i 36.400 soggiornanti non ancora residenti (in particolare romeni). Fatti i conti, al 1 gennaio 2008 il Dossier stima che vivono a Roma e provincia 404.400 stranieri. Nel Lazio, 480mila. Quanti di essi nel territorio del Comune di Roma? La Caritas dice almeno 300mila. Ciò che conta, però, nel ginepraio di numeri è il trend. In che direzione si sviluppano le colonnine di dati? Ebbene, basta una semplice sottrazione perché venga fuori il dato più rilevante. A Roma e immediati dintorni la popolazione straniera è aumentata in un solo anno, nel 2007, di 126mila unità. Oltre un terzo in più rispetto all’anno prima. Un’accelerazione impressionante. Rispetto alla popolazione complessiva (2.838.047) gli stranieri a Roma superano abbondantemente l’11 per cento. Sono uno su dieci. Senza contare le presenze temporanee (meno di tre mesi) che non vengono conteggiate nel dossier; e i nuovi, massicci arrivi dall’inizio del 2008 ad oggi.
Inutile negarlo, negli ultimi anni la capitale ha attirato gente da ogni angolo del pianeta. Nello storico mercato di Porta Portese si parla oggi più russo e cinese che italiano. L’ambulantato è in mano a senegalesi e maghrebini, che vendono magliette a 2 euro, jeans a 10. Il mercato dei fiori è monopolizzato dai pakistani. All’Esquilino cinesi e bengalesi rappresentano il 25 per cento dei residenti, comandano nel commercio e nella ristorazione da Termini a San Giovanni. Lungo la Flaminia, l’Aurelia, le borgate fra Boccea e Grottarossa, vivono non meno di 100mila extracomunitari. Di questo passo, quanto tempo impiegherà la popolazione straniera a raddoppiare? La stessa Caritas tempo fa ha fatto i calcoli: nel 2014 gli immigrati diventeranno 680mila a Roma, 800mila nel Lazio. Alla luce degli ultimi dati, sono stime perfino troppo prudenti.
Di che campano gli immigrati a Roma? Una parte fanno gli imprenditori, a giugno 2008 i titolari di aziende erano 15.490, dice il dossier, una percentuale elevata, sui livelli di Milano, un po’ sotto Prati, nettamente sopra la media nazionale. Il grosso degli stranieri, però, fanno i lavapiatti, i cuochi, i manovali, lavorano in nero. Non pochi ingrossano le fila della microcriminalità.
La Caritas non fornisce dati recenti sulle denunce e le condanne, limita l’indagine al quinquennio 2001-2005. Le nazionalità che prevalgono nelle statistiche giudiziarie, dice il dossier, sono Romania e Marocco, seguite da Albania e Senegal. Le denunce più frequenti riguardano furto, violazione della legge sull’immigrazione, spaccio di droga. A destare maggiore allarme nell’opinione pubblica, invece, è l’incidenza degli stranieri nelle rapine, nei borseggi, nelle violenze sessuali. La piccola criminalità straniera, in sostanza, crea molto più timore del racket della droga o della prostituzione. Dal dossier della Caritas, infine, il tenore di vita degli stranieri a Roma.

Il 99 per cento possiede un cellulare, il 40 per cento un computer. L’automobile è alla portata solo di un terzo, il bene più desiderato è la casa. In molti frequentano un ristorante, 7 su 10 leggono (di tanto in tanto) i giornali italiani.

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