Meloni scettica sulla linea dell'Eliseo: il riconoscimento è l'obiettivo finale

Secondo la premier l'accelerazione di Macron rischia di complicare il processo negoziale

Meloni scettica sulla linea dell'Eliseo: il riconoscimento è l'obiettivo finale
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La decisione della Francia di riconoscere lo Stato di Palestina in occasione dell'Assemblea generale delle Nazioni Unite in programma a New York a settembre divide la comunità internazionale e pure l'Europa. La reazione di Israele e Stati Uniti all'annuncio di Emmanuel Macron è immediata e durissima, ma più di un dubbio lo si coglie anche in alcune delle principali cancellerie europee. A partire da Berlino, visto che il portavoce del governo guidato da Friedrich Merz dice chiaramente che "per il momento" la Germania "non intende riconoscere lo Stato di Palestina". Le stesse perplessità che ha il governo laburista del Regno Unito guidato da Keir Starmer.

E dubbi simili si respirano anche a Palazzo Chigi, nonostante la scelta prudenziale della maggioranza di non partecipare - salvo sparute eccezioni - al dibattito in corso. Non può essere casuale, infatti, la quasi totale assenza di esponenti di Fdi o Forza Italia dal dibattito pubblico andato in scena per tutta la giornata di ieri. A cui soltanto in serata ha preso parte la Lega con una nota piuttosto eloquente: "Riconoscimento dello Stato palestinese? Prima il rilascio di tutti gli ostaggi e lo scioglimento del gruppo terrorista islamico di Hamas". Insomma, per il momento non se parla.

L'unico esponente di governo a intervenire sulla questione a favore di telecamere è il ministro degli Esteri Antonio Tajani. Con un approccio più che prudenziale. "L'Italia è per la soluzione due popoli e due Stati ma il riconoscimento del nuovo Stato palestinese deve avvenire in contemporanea con il riconoscimento da parte loro dello Stato di Israele", spiega il vicepremier aprendo alla Camera il Consiglio nazionale di Forza Italia. Una presa di posizione che i leader dell'opposizione - da Elly Schlein a Giuseppe Conte - definiscono "ambigua" e "reticente".

D'altra parte, a Palazzo Chigi non sono affatto convinti che quella di Macron sia la mossa giusta. Giorgia Meloni, infatti, è sì favorevole al riconoscimento dello Stato di Palestina - e in molte occasioni ha insistito sul concetto di "due popoli, due Stati" - ma ritiene che non sia questo il momento. Secondo la premier, infatti, il riconoscimento deve avvenire al termine di un processo negoziale che coinvolga anche Israele e non a monte, peraltro con una tempistica che oggi Tel Aviv interpreterebbe come un atto ostile. Deve invece essere un punto di arrivo di una trattativa complessiva che, spiega il capogruppo di Fdi alla Camera Galeazzo Bignami, porti a "comporre in maniera definitiva, duratura e giusta una questione che diversamente rischia di essere sottoposta a degli spot poco utili" a perseguire l'obiettivo.

E sulla posizione dell'Eliseo qualche perplessità sembra averla anche il sottosegretario alla Difesa Matteo Perego di Cremnago. Che intercettato in Transatlantico al termine del Consiglio nazionale di Forza Italia spiega come sia sì necessario "fare più pressione su Israele" per "mettere fine a questa catastrofe umanitaria", ma dubita che la strada giusta sia quella intrapresa dall'Eliseo. "Per arrivare al traguardo finale dei due popoli e due Stati - dice - bisogna porre delle condizioni intermedie che sono soprattutto interesse dei palestinesi, così che possano avere un governo democratico e non essere sotto il giogo di Hamas che in primis fa danni a proprio loro".

Tutti dubbi che esplicita il presidente della Camera Lorenzo Fontana durante la tradizionale cerimonia del Ventaglio con l'Associazione stampa parlamentare. "Non sono contrario, se mi dicessero che risolve la questione lo fare immediatamente. Ma al momento qualsiasi cosa è come scuotere un nido di vespe", spiega la terza carica dello Stato.

Insomma, "la domanda" è se il riconoscimento dello Stato di Palestina oggi "aiuta a risolvere o ad aggravare". Perché, conclude Fontana, "da un lato può aiutare a depotenziare Hamas" ma "dall'altro il rischio è che Israele sentendosi accerchiata possa aggravare la situazione".

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