Il capo è incompetente? Fa male al cuore dei dipendenti

Uno studio svedese, condotto su un campione di tremila persone, ha rivelato che quando gli impiegati sono insoddisfatti del loro boss, aumenta fino al 64per cento il rischio di malattie cardiache

Il capo è incompetente? Fa male al cuore dei dipendenti

Lavorare non solo stanca, ma a volta può far ammalare. Di cuore. Soprattutto se si ha un capo egoista e incompetente, che fa sentire incapaci e non supportati i suoi dipendenti. A sostenerlo è uno studio svedese condotto su tremila impiegati, pubblicato sulla rivista ’Occupational and environmental medicine, secondo cui nei lavoratori più insoddisfatti del proprio boss, oltre allo stress aumenta anche il rischio di infarto con punte che vanno dal 25 al 64%. E più tempo si lavora per lo stesso datore di lavoro, più crescono i rischi di malattie cardiache.

Il sentirsi sottovalutati e non supportati al lavoro, dicono gli esperti, è infatti fonte di stress, componente che finisce per favorire comportamenti poco salutari, come ad esempio il fumo, una dieta scorretta, il consumo di alcol e poco esercizio. Tutti fattori che possono portare ad attacchi cardiaci. Ma i danni alla salute di un capo ingiusto non si fermano qui. È stata infatti riscontrata nei dipendenti un aumento della pressione sanguigna, condizione che se prolungata nel tempo aumenta il rischio di infarto. I ricercatori svedesi hanno infatti appurato che i lavoratori che considerano i propri manager i meno competenti e adatti al loro ruolo hanno un rischio di gravi attacchi cardiaci più alto del 25%. Percentuale che sale al 64% se si lavora per oltre quattro anni per lo stesso datore di lavoro.

Ma secondo Vittorio Tripeni, psicologo del lavoro, non bisogna esagerare. «Gli effetti dello stress sulla salute - spiega - sono noti ormai da tempo. Legare però in maniera diretta il rischio di infarto a un manager incapace o cattivo mi sembra un po’ troppo, anche se da tempo si sa che lo stress fa male al cuore». Soprattutto, ci sono delle componenti e caratteristiche individuali che rendono alcuni soggetti più deboli e fragili di altri da questo punto di vista. «Si ammalano di più per stress - continua - le persone molto sensibili e reattive a condizioni avverse, con un’aggressività repressa, insofferenti e impazienti. Del resto lo stress è un disturbo dell’adattamento».

E di adattamenti i lavoratori di oggi ne devono sopportare parecchi, a partire dalle condizioni di flessibilità e precarietà in cui spesso sono costretti a lavorare.

«Ci sono richieste dell’azienda – aggiunge Tripeni - che finiscono per mettere in ansia il lavoratore e non rendergli i chiari i suoi obiettivi - conclude - come dirgli di essere competitivo e al tempo stesso di fare squadra, o di pensare in grande ed essere valutatati nei risultati del breve termine». Per evitare di ammalarsi e stressarsi troppo, suggeriscono gli scienziati, i manager dovrebbero dare ai loro dipendenti obiettivi di lavoro chiari e sufficiente potere in relazione alle loro responsabilità.

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