Per distrarci dalla crisi d’autunno e dal grigiore dei Monti, vi racconto un episodio minimo di tenera allucinazione.
Chiudevo i cartoni con i miei libri per un ennesimo trasloco selettivo e non governativo quando ho trovato i testi di mio padre e li ho portati via con me. Poco dopo ho trovato sul ripiano vuotato della biblioteca una caramella d’orzo, di quelle che mi dava mio padre da bambino fino a poco prima che morisse. Non so spiegarmi da dove sia spuntata ma una spiegazione banale ci sarà.
L’ho raccolta con stupore, senza scartarla, l’ho messa in tasca e la porto con me da qualche giorno. Mi piace pensare che sia un cenno d’amore piovuto da lontananze celesti. Un asteroide d’affetto che si è cristallizzato in caramella. Accetto caramelle da dèi sconosciuti.
La vita è piena di madeleine venute dal passato che ci riportano in vita ricordi e sapori di mondi remoti e persone perdute. Si palesano solo a chi vede con gli occhi dell’anima.
Quando non mi vede nessuno, io sento presenti gli assenti, avverto la vicinanza dei lontani. E se vedo una farfalla entrare da una finestra e posarsi sul mio corpo e volteggiare insistente nella luce, penso che porti un messaggio di chi non c’è più.
Anzi, come diceva mia madre da bambino, è proprio lei, l’anima cara e trascorsa che aleggia intorno, ti vuol vedere, sfiorare, farti sentire in diafana compagnia, riaccendere il soffio di una memoria.Se mi chiedete se ci credo davvero, vi dirò con la ragione di no, senza esitare. Se poi mi chiedete se sono del tutto sincero vi prego di non insistere.
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