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Carceri, via al piano anti-indulto: 17mila posti in più in pochi mesi

MilanoUn piano speciale per la costruzione di nuove carceri. Una sorta di Legge Obiettivo, come fu quella varata a suo tempo dal Governo Berlusconi per la realizzazione di strade e opere pubbliche. Il ministro della Giustizia Angelino Alfano esce dal Consiglio dei ministri e lancia la scommessa per rinnovare l’edilizia penitenziaria del Paese. Prima la filosofia di fondo: «Le carceri sono state costruite in Italia fra il 1400 e il 1800. Finora la Repubblica ha affrontato il problema con amnistie e indulti. Noi abbiamo deciso di seguire un’altra strada».
Basta con i provvedimenti di clemenza sfollacelle, adesso il Governo dà un colpo di acceleratore e fissa alcuni numeri, suggestivi e ambiziosi: l’obiettivo è arrivare a 60mila posti nelle carceri, contro gli attuali 43mila. Diciassettemila in più, in fretta. Di volata. La fase uno scatterà il primo marzo e durerà 60 giorni. Due mesi per disegnare la mappa della nuova geografia penitenziaria: «Il progetto - spiega Alfano - dovrà indicare i siti scelti per le nuove strutture, che dovranno essere ecocompatibili, e i relativi costi».
Per non finire nel solito pantano della burocrazia, il Governo affiderà il piano al Direttore generale del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria Franco Ionta che diventerà commissario. Insomma, Ionta avrà pieni poteri, potrà accorciare il percorso burocratico, saltare molti passaggi, e davanti a intoppi e oscillazioni, «potrà sostituirsi alle amministrazioni inadempienti». In una gara contro il tempo. Ma quel che conta, adesso, è partire col piede giusto.
Ce la farà il commissario? Il compito è drammatico; l’Italia ha con le carceri un conto aperto da secoli: ritardi, celle fatiscenti e superaffollate, spazi promiscui fra detenuti in attesa di giudizio e condannati definitivi, fra criminali di grande spessore e piccoli balordi. Poi, di quando in quando, si apre la grande valvola dell’amnistia per evitare il collasso delle strutture.
Ora Alfano vuole risolvere, o almeno affrontare energicamente, tutti i problemi in una volta. Così, immaginando un circolo virtuoso, spiega che la costruzione di nuove carceri consentirà, in futuro, la realizzazione di «circuiti differenziati», con istituti di pena adatti ai vari gradi di pericolosità dei detenuti e con la possibilità, finalmente, di pensare seriamente alla rieducazione di chi ha sbagliato. Così, non ci sarà più confusione e commistione fra boss e pivelli, fra alta sicurezza e bassa pericolosità, fra chi è in attesa di giudizio e chi sconta una pena definitiva.
Naturalmente, il rischio è quello di scrivere l’ennesimo libro dei sogni. Ma il Governo fa sul serio. O almeno ci prova: s’inventa un piano che risponde ad una filosofia della politica criminale ben precisa: non si cerca più di comprimere i detenuti, ma di allargare le prigioni. Fino ad arrivare a quota sessantamila, fuori dall’emergenza strisciante che periodicamente si trasforma in dramma. Del resto, la popolazione carceraria è sensibilmente in aumento: i detenuti in questo momento sono 58.200 e le previsioni sono al rialzo. Anche se l’Esecutivo è pure impegnato nel tentativo di trasferire migliaia di detenuti nei Paesi d’origine per far scontare la pena a casa, nell’Europa dell’Est o nell’Africa del Nord.
Dunque, avanti con le nuove carceri o con le ristrutturazioni di quelle che già esistono. E spazio ai privati, specialmente in un’epoca di vacche magre come questa. «Abbiamo l’intenzione - aggiunge Alfano - di sottoporre all’attenzione degli imprenditori italiani la possibilità» di finanziare l’edilizia carceraria. Tre saranno i canali attraverso cui reperire i soldi necessari: appunto i privati, anzitutto col project financing, poi «la cassa delle ammende, su cui in questo momento giacciono 170-180 milioni di euro, e i fondi previsti dal decreto anticrisi».
Per fare presto si è scelta la strada dell’emendamento al decreto milleproroghe, già all’attenzione del Senato. Ionta non avrà la bacchetta magica, ma certo potrà fare quello che oggi non riesce a nessuno: in teoria «verranno dimezzati i termini per la concessione delle autorizzazioni» necessarie per edificare le prigioni. E poi si prevede un sistema per «evitare che le gare vengano bloccate in fase di appalto». Tutto insomma è stato pensato per scongiurare quello stop and go estenuante, tipico dell’Italia delle infrastrutture. Il conto alla rovescia è partito.

E il Pd mostra disponibilità: purché questo non sia il primo passo verso la privatizzazione della gestione delle carceri.

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