Ecco uno che non ha bisogno di presentazioni. Non solo perché si chiama Carlo Ancelotti e ha una carriera, da calciatore prima e da allenatore poi, che parla un linguaggio convincente. Ecco uno che non ha bisogno di presentazione perché persino a Parigi, nella Parigi del calcio che prova a scalare lEuropa con i soldi dello sceicco, Carlo Ancelotti è un nome e un cognome di grande suggestione oltre che una garanzia. Carlò, come lo hanno subito ribattezzato, quasi in alternativa a Carlà, linquilina dellEliseo, non ha rinunciato a nessuna delle sue caratteristiche per il trasferimento da Londra a Parigi. Semplice, sincero fino allimbarazzo, attento a non scoprire le carte che segrete non sono. Ha esordito con una frase in francese, segno di buona volontà ed educazione, vestito con giacca e cravatta, secondo lo stile berlusconiano. «Il PSG è un club fantastico» ha dettato guardando in giro per capire se laccento fosse giusto oppure no. Sincero nel raccontare i retroscena della trattativa che ha avuto una sequenza inattesa, tre giorni addirittura prima di concludersi con la firma (contratto da 6 milioni di euro netti lanno per 2,5 anni) e la conferenza-stampa. «A novembre, quando mi hanno visto a Parigi, ero a far visita a un amico. Il primo contatto è avvenuto dopo lultima partita, ero in vacanza in Canada e ho dovuto riprendere laereo per parlare con Leonardo. Perciò abbiamo avuto bisogno di tante ore: dovevamo discutere di tutto, ambizioni, contratto, mercato, collaboratori» la spiegazione.
A trascinarlo a Parigi è stato Leonardo, il vecchio sodale che gli successe sulla panchina del Milan, senza mai volerlo, e col quale è rimasto in contatto telefonico. «Una volta a settimana ci sentivamo, anche quando allenava lInter» il particolare reso da Carlò che non ha rimpianti per aver dovuto troncare lesperienza televisiva, «eravamo un bel quartetto, io Caressa, Vialli e Paolo Rossi» visto che è tornato «a fare il lavoro che mi piace». E cioè a respirare il profumo dellerba umida, come dicevano i maestri di una volta. Al suo fianco ha chiesto e ottenuto di avere il preparatore atletico Mauri, accettando come assistente-interprete Makelele, incaricato di spiegare al volo e bene i concetti di calcio di Carlò. Nelle ultime ore è affiorata anche la candidatura di Paolo Maldini, per il momento messa in un cantuccio, perchè secondo Ancelottì «non avrebbe molta voglia» di cambiare città. Altri collaboratori saranno reclutati: di sicuro Gigi Lasala, losservatore da cui Ancelottì non si è mai separato, nutrendo non solo amicizia, ma stima.
Anche se dal Parco dei Principi, lo stadio e la casa del PSG, Milano e Milanello non sono così lontani, Ancelottì non ha rinunciato al suo tratto semplice che sfiora spesso lumiltà nello scegliere lesempio da imitare, molto più alla portata del club francese. Inevitabile il riferimento continuo al Milan, per la presenza di Leonardo («insieme possiamo fare un bel lavoro, io mi occupo del campo, lui del mercato»), di Beckham in arrivo («lo conosco, è un grande professionista»), del possibile acquisto di Pato («è un giocatore del Milan, ho conservato con lui grande amicizia, mi piacerebbe allenarlo, è evidente, ma se lo dicessi immagino già i titoli sui giornali») eppure è il Napoli di Mazzarri il vero punto di riferimento. «Per raggiungere la Champions e provare a a vincerla, bisogna avere a disposizione alcune virtù: innanzitutto lentusiasmo, poi la qualità tecnica del gruppo, quindi lesperienza di alcuni protagonisti, proprio come è successo al Napoli che è riuscito a raggiungere la Champions per poi eliminare addirittura il Manchester City» la citazione che farà felice Aurelio De Laurentiis.
Non sarebbe il nostro caro, vecchio e sincero Ancelottì se avesse sciorinato nomi da mettere in vetrina e promesso miracoli. E invece, da antico contadino, coi piedi piantati nelle radici del suo terreno più naturale, Carlò ha fornito solo una data e un identikit. «Fino alla fine di gennaio inseguiremo giocatori funzionali al nostro obiettivo» la prima. «Ci serve un grande attaccante» il secondo.
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