Veltroni sta barando. Prima dice che lui corre da solo e tutti emettono il loro «Oooh» di meraviglia: che uomo di coraggio, quale esempio per tutti. Poi imbarca Antonio Di Pietro, luomo che ha messo le manette alla Repubblica e che adesso come politico li ha tutti in pugno. Poi copia diligentemente i programmi di Berlusconi e li presenta come propri. Quindi si atteggia a capo dellopposizione mentre è il rappresentante dello sciagurato governo Prodi, tuttora in carica. Non soddisfatto, imbarca nove radicali con ministro Bonino incorporato dopo aver detto fuori tutti. Ma per far credere che è un feroce tagliatore di teste prende quella di Ciriaco De Mita e la fa rotolare nel paniere come ai tempi della rivoluzione francese.
Insomma, il famoso partito democratico che come le monadi di Leibniz non doveva avere finestre, è diventato un colabrodo in cui entrano tutti e poi, una volta dentro, cominciano a prendersi a schiaffi per le candidature, le posizioni in lista, le interdizioni e gli insulti. Il suo motto arcinoto è «non solo ma anche» e dunque ha imbarcato un onestuomo come Pietro Ichino, un giuslavorista come Biagi assassinato dalle nuove brigate rosse, il quale entra sì, ma pone la questione dellarticolo 18, essendo un uomo tutto dun pezzo, ma anche i nemici di Ichino e della legge Biagi perché è dellidea che non ci basti Abele ma ci voglia anche Caino, non solo lacqua santa ma anche il diavolo. Questo significa a nostro parere sfidare le regole non scritte della lealtà verso i propri elettori.
Veltroni si porta dentro i radicali abortisti, ma anche la cattolicissima Binetti. Poi assume i treni ad alta velocità senza dimenticarne i nemici. Ieri infatti, pensoso e meditabondo Veltroni chiedeva: «Perché ci devono volere anni per fare quello che la politica dovrebbe fare per realizzare le infrastrutture? Quanto diavolo ci vuole a fare una ferrovia in questo Paese?». Risposta: chiedilo ai tuoi. Chiedilo al presidente del tuo partito che se non sbagliamo si chiama Romano Prodi.
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