In casa Bonacina un mosaico di passato e futuro

I gusti dell’imprenditrice italiana: «Vivo in ambienti diversi che ripercorrono la mia esistenza ma ricchi di nuove tendenze»

In casa Bonacina un mosaico di passato e futuro

Antonello Mosca

Pierantonio Bonacina è un'azienda che ha giocato un grande ruolo nella creazione del Made in Italy firmato da famosi designer. Lavorando il suo giunco e la malacca Giò Ponti nel '63 realizzò una bergère di grande eleganza, e due anni dopo Joe Colombo una poltroncina in manila con cuscini rivestiti in pelle. Due pezzi che fanno ormai parte della storia di questo settore. Accanto a questi le creazioni di Tito Agnoli, Annig Sarian, Frederich Fogh e via via un cammino fatto di successi non soltanto attraverso l'impiego di fibre vegetali, per realizzare tavoli, cassettoni, letti e tant'altro.
Isabella Bonacina oggi prosegue la tradizione familiare e, da «addetta ai lavori», non poteva non amare la sua casa. «Guardare la mia casa è come ripercorrere la mia esistenza, ma non mi limito a ricordare il passato, perché questo tema lo coltivo leggendo, documentandomi sulle nuove tendenze, sfogliando riviste specializzate, confrontando interpretazioni, stili, colori».
C'è allora uno stile particolare che vi predomina?
«Non credo, perché tutto l'arredo è nato spontaneamente dalla mia passione per determinati oggetti e materiali. Nonostante ciò il tutto non è casuale, ma fatto di equilibri, di materiali pregiati e lavorazioni fatte a mano, di colori e nuances naturali».
Uno stile eclettico quindi.
«Abbastanza, aperto a contributi provenienti da diversi luoghi e diverse epoche, ma con un determinatore comune che è quello del buon design. Lo stile di cambiamento nato con la Bauhaus è quello che preferisco, ma mi piace anche quello nordico degli anni Sessanta. Confesso che mi sono meno congeniali le tendenze rigide e spigolose dell'high tech oggi di moda».
Ci sono mobili da voi prodotti che arredano qualche ambiente della casa?
«Alcuni pezzi classici degli anni Sessanta, firmati da Zanuso e Ponti, ma anche la chaise longue Bikini disegnate da Franco Bizzozzero che vinse il diciannovesimo Compasso d'Oro come pure alcune sedute in midollino con profili in pelle».
Sappiamo che lei è una grande amante dell'arte, cosa la rappresenta sulle sue pareti?
«Dei dipinti di Salvatore Fiume e alcune opere di arte contemporanea astratta, che mi attraggono per la forza espressiva dei colori e mi fanno vivere emozioni e atmosfere davvero uniche».
C'è un ambiente in cui ama rifugiarsi?
«Certamente il mio studio, ricco di libri fino all'inverosimile, d'arte, d'arredamento, di letteratura, di poesia. Qui mi soffermo spesso e a lungo, magari ascoltando in sottofondo il mio genere musicale preferito, il jazz».
E la sua camera da letto?
«Un ambiente dove regna la semplicità, con un grande letto in midollino e non poteva essere diversamente, e una grande libreria. È un locale molto luminoso, con una porta scorrevole che si affaccia direttamente sul giardino. A volte sembra che il verde entri davvero in casa e con la bella stagione è davvero una sensazione gradevole».
E la cucina?
«Ordinata, moderna e attrezzata come vogliono le regole di oggi, e la veranda che si affaccia sul prato la rende più ampia e molto luminosa. Mi piace cucinare, ma piatti semplici, per i quali attingo all'orto che ho creato con grande passione».
Colori e tessuti?
«Mi piacciono i materiali naturali, in nuances che ricordano i colori della natura e apprezzo i materiali di ricerca, con fili metallici abbinati a fibre naturali come il lino e la canapa, e alcuni tessuti stampati che portano la firma di grandi designer».
Che ne pensa dei tanti negozi d'arredamento?
«Il mercato negli ultimi anni è cambiato: se il prodotto e la componente di design sono tuttora fondamentali, oggi, condizione insostituibile per far conoscere e apprezzare i beni, è quella svolta dal punto di vendita, luogo di eccellenza per ogni scambio. Non sono quindi tra quelli che pongono molte critiche, ma tra quelli che riconosce loro una importanza fondamentale.

Anche se a volte i rapporti non sono quelli che noi produttori vorremmo».

Commenti