Montecarlo - Non sanno, non ricordano, non dicono. Poi ammettono di sapere qualcosa, di ricordare effettivamente qualcos’altro, e finalmente qualcosina dicono, ma si contraddicono l’uno con l’altro. L’imbarazzante ping pong sull’appartamento di Montecarlo fra i finani Donato Lamorte, ex capo della segreteria di An, e Francesco Pontone, tesoriere dell’ex partito, sta raggiungendo vette straordinarie. Ieri l’ultima chicca. Al Corriere della Sera Lamorte si confessa: «L’ho vista quella casa (di Montecarlo, ndr). Nel 2008 facemmo una gita, eravamo in dieci». Domanda successiva: com’era? Bella? «Tremenda. In uno stato deplorevole, fatiscente. Cataste, vetri rotti, spazzolini da denti dentro scatole di Simmenthal. Se toccavi qualcosa rischiavi di prenderti la setticemia e morire». Quindi non valeva tre milioni, chiede ancora il Corriere. «No, di sicuro. Se uno spende una cifra del genere è pazzo». E ancora. Pare sia stata venduta per 67mila euro, a una società off-shore, non proprio trasparente: «Solo? Troppo poco. Ma non me ne intendo di queste cose: quando Almirante mi diceva firma, io firmavo. Chiederò a Pontone, che era il tesoriere quando fu venduta. I poteri ce li aveva lui». Bene.
La versione di Lamorte, come vedremo di qui a poco, fa acqua. E aggrava sempre di più la posizione di chi, intorno al presidente della Camera, ha eretto un muro di gomma sulla casa monegasca dove oggi alloggia il «cognato» di Fini. Allora. Quando il Giornale ha sollevato il caso s’è premurato di chiedere conto anche ai due «amministratori» del partito che quel bene ereditato avevano gestito. Sul Giornale del 29 luglio, però, Lamorte cade dalle nuvole. Giura di non sapere niente dell’appartamento monegasco, se non che apparteneva a una simpatizzante di An, e che poi è stato venduto. Non ha idea a chi sia stato alienato e perché oggi ci abiti Giancarlo Tulliani: «Chiedete a Pontone». Al Corriere, sempre il 29 luglio, però Lamorte ritrova invece la memoria e finalmente ammette di sapere qualcosa di quell’immobile per essersene occupato personalmente: «Andai a vederlo: circa 45 metri quadri, in condizioni fatiscenti. Niente vista mare, né finestre su strada. Chi comprò? Una società. Chiedete a Pontone», che col Giornale è caduto dal pero: «L’appartamento fu venduto, ma non ricordo a chi».
Lamorte dunque sapeva, ma al Giornale ha detto il contrario di quanto riferito al Corriere. Passi. Nel suo intervento bis sul quotidiano di via Solferino, però, il fedelissimo di Fini omette dettagli importanti. Che lo riguardano. Il primo si riferisce al fatto che non andò nel 2008 a visionare l’appartamento, bensì prima, molto tempo prima. Nel lontano anno 2000, pochi mesi dopo la morte della contessa Colleoni e l’apertura del testamento olografo. Ci è stato confermato direttamente da chi, con l’onorevole Lamorte, dal 2000 al 2006 è stato ciclicamente in contatto per cercare di acquistare l’appartamento al 14 di Boulevard Princess Charlotte arrivando a offrire cifre enormemente più interessanti dei 67mila euro che nel 2008 basteranno a una società off-shore (con sede nel paradiso fiscale di Saint Lucia) per chiudere la compravendita. Nel 2000 si è partiti col proporre un milione di euro, lievitato fino al milione e mezzo con l’ultima proposta d’acquisto recapitata nel 2006 «all’attenzione dell’onorevole Donato Lamorte» nella sede di Alleanza nazionale in via della Scrofa. Perché dire no a un inquilino che proponeva un milione e mezzo nel 2005, e dire sì a una società off-shore dei Caraibi che nel 2008 s’è portato via l’immobile per solo 67mila euro (poi rivenduta a un’altra società off-shore, attuale proprietaria, per 330mila)? Lamorte non sa spiegarlo, eppure dovrebbe ricordarsi di quando nel 2000 (e non nel 2008) andò a parlare col vicinato chiedendo spiegazioni sull’amministrazione del condominio. Dovrebbe rammentare di quando ai condòmini lasciò biglietti da visita «per qualsiasi chiarimento in merito alla futura vendita dell’appartamento che il partito ha eredito da una nobildonna romana nostra simpatizzante», e proprio attraverso quei biglietti venne spesso disturbato via telefono o con raccomandate con ricevuta di ritorno. «Ogni volta che chiamavano per sapere se finalmente aveva deciso di mettere in vendita l’appartamento – hanno raccontato al Giornale gli inquilini - dal partito, a Roma, prendevano tempo. Ci dicevano che ancora non era deciso nulla e bisognava aspettare e che poi ci avrebbero fatto sapere (...). Poi c’è stato un buco di qualche anno, fino a che, all’incirca due anni fa, sono cominciati i lavori». E proprio in quell’ultimo periodo i condòmini avrebbero visto materializzarsi nel palazzo Gianfranco Fini e signora, sorella del neo inquilino che a detta di chi ha svolto i lavori di ristrutturazione aveva contatti diretti con la Ltd caraibica.
E ancora. Quando Lamorte paragona a una topaia l’appartamento posizionato in una delle zone più belle di Montecarlo, dovrebbe ben sapere che proprio per l’inerzia di An l’immobile è stato inspiegabilmente abbandonato a se stesso dal 2000 al 2008, salvo essere ripreso in considerazione solo quand’è spuntato l’acquirente off-shore con una sua società anonima creata, guarda la coincidenza, proprio nei giorni del business immobiliare fra Roma e i Caraibi. Eppoi al di là delle condizioni in cui l’immobile i referenti romani di An lo hanno effettivamente rinvenuto, la stima economica delle mura, in quel punto del Principato - a sentire le agenzie immobiliari del quartiere monegasco - è una sola: 20mila euro al metro quadro, che sale fino a 30mila in caso di locale appena ristrutturato. E nell’immobile in cui è andato a vivere in affitto Giancarlo Tulliani, fratello di Elisabetta, compagna di Fini, le opere di ristrutturazione sarebbero state fatte senza badare a spese, con il neo inquilino sempre presente nel cantiere per aggiornarsi sullo stato d’avanzamento lavori. Ovviamente Lamorte può non sapere a quanto la Timara Ltd ha poi affittato a Giancarlo Tulliani, «cognato» del suo presidente, l’appartamento che la contessa Anna Maria Colleoni ha lasciato in eredità ad Alleanza nazionale. E anche se i legali dell’inquilino di Montecarlo assicurano che l’affitto viene puntualmente pagato sulla base di un «regolare contratto di locazione», ad oggi resta sconosciuto l’importo oltreché le circostanze che hanno portato Giancarlo Tulliani a occupare l’appartamento ereditato, per conto del partito, da suo «cognato».
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