Casalinghe e manager in fila al banco dei pegni: prestiti per 11,5 milioni

Quando entrano e si mettono in fila hanno lo sguardo basso. Fra le mani stringono quel cimelio di famiglia conservato per anni, promettendo a se stessi che un giorno riusciranno a riscattarlo. Si vergognano a ricorrere al banco dei pegni. Quel prestito lo considerano una violenza, una sconfitta. Ma non possono farne a meno, per arrivare alla fine del mese, per salvare l'azienda o saldare debiti di gioco. La fila è lunga allo sportello pegni della Banca regionale europea di viale Certosa, l'unico in città insieme a quello di via Padova. In coda ci sono casalinghe, coppie di anziani, studenti, persino una modella russa. Qualcuno lascia i suoi preziosi. Altri, più fortunati, consegnano il denaro e se li riportano a casa. Il giro d'affari cresce di continuo. Nell'ultimo anno le transazioni sono aumentate del 10%, per un ammontare complessivo di 7.400 nuovi pegni, 5.800 estinzioni di vecchi prestiti e 13mila rinnovi che, per regolamento, possono avvenire ogni 6 mesi. Solo a Milano i prestiti attivi sono circa 11mila, che, tradotto in denaro, significano 11 milioni 500mila euro erogati. «C’è un boom - spiega il responsabile del servizio, Ivano Caldera -. Arrivano clienti di tutti i tipi, casalinghe, studenti, ma anche imprenditori e commercianti che danno in pegno la merce invenduta per poter acquistare quella nuova». Il vantaggio è la liquidità immediata, senza troppe garanzie.
Per ottenere il denaro basta portare merce preziosa e accettare la valutazione che il banco fa. Presentando carta di identità e codice fiscale si ottengono i soldi in tempo reale. Con un tasso di interesse del 6,25 per cento, che però da oggi scenderà al 5,50. «Proprio i tassi bassi - afferma Caldera - fanno sì che molta gente ricorra al servizio». Per riscattare la merce basta restituire la somma maggiorata degli interessi. In alternativa, il pegno può essere prorogato di altri 6 mesi oppure si può rinunciare a recuperare i preziosi, che finiscono all'asta di via Monte di Pietà.
«Chi viene qui è disperato - racconta una signora in coda -. Molti non riescono a sostenere spese sanitarie, ma la maggior parte è in crisi per debiti di gioco. E allora si priva di oggetti anche molto preziosi». Come un'anziana che in mano stringe un anello firmato e tempestato di brillanti. Lo ha appena riscattato e chiede aiuto per controllare che sia davvero il suo. «Sa - si giustifica -, non si sa mai...». Un'altra signora di Brindisi racconta: «Ho dovuto mettere in pegno il mio corredo, quello di mia madre e quello di mia nonna: 5 mesi fa sono riuscita a riscattare tutto, tranne un anello che mi aveva regalato mio padre trent'anni fa, costato 11 milioni di lire. Quello purtroppo è finito all'asta per 500 euro. Adesso sto cercando di recuperare i miei soldi». Una modella russa consegna una somma in contanti e recupera un orologio e un braccialetto di brillanti. «Li ho lasciati qui perché in questo periodo sto lavorando poco - spiega -. Ma ci tenevo a recuperarli, sono regali. Ho fatto tantissimi sacrifici per mettere insieme la somma necessaria».

«Questo per fortuna succede la maggior parte delle volte - conclude il direttore del banco -. Solo il 4,5% dei pegni finisce all'asta. Anche perché una volta terminato il prestito, noi diamo tempo alle persone di trovare i soldi, non mettiamo subito all'asta il loro patrimonio».

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