Il casco obbligatorio in bici? «È la morte del bike sharing»

Il casco obbligatorio in bicicletta? È il nemico numero uno delle due ruote, soprattutto di chi utilizza il bike sharing. Se il ddl sulla sicurezza stradale dovesse venire approvato - arriverà in senato il 4 maggio - per poter circolare in bicicletta sarà obbligatorio indossare il casco, a norma, bretelle e giubbotto catarifrangenti dopo il tramonto e all’alba, insomma quando è ancora buio, e nelle gallerie. Certo una bella scocciatura per i ciclisti abituali, ma le cose si complicano enormemente per Bikemi, il servizio di biciclette in affitto del Comune.
«L’obbligo del casco disincentiva l’uso di Bikemi - attacca Sergio Verrecchia, project manager Italia di BikeMi - il nostro utente tipo, infatti, è il manager, l’uomo di affari, chi lavora in centro, gli anziani e chi usa la bicicletta per spostarsi per tragitti brevi e veloci. È indubbio che il casco complichi le cose, faccia perdere tempo e soprattutto costringa gli utenti a girare tutto il giorno con il casco. Qui non si tratta di adeguarsi alla normativa europea e in nessuno dei Paesi dove siamo presenti, come Francia, Messico, Spagna il casco è obbligatorio».
La soluzione più semplice sarebbe quella di «spedire a tutti gli abbonati un casco, chiedendo un piccolo costo aggiuntivo che potrebbe aggirarsi sui 10 euro (l’abbonamento annuale costa 36 euro l’anno, quello giornaliero 2,5) ma la filosofia di BikeMi è offrire la possibilità anche a turisti e passanti di prendere una bici «al volo». E in questo caso? I caschi allora dovrebbero essere in dotazione delle biciclette, si potrebbero distribuire almeno all’inizio su tutte le bici, ma in questo caso il problema sono i furti. «Anche se a Milano sono state rubate solo 15 bici dall’attivazione del servizio, il 3 dicembre 2008, contro una percentuale del 35 per cento di furti a Parigi e del 25 per cento a Barcellona - ricorda Verrecchia - chi ci garantisce al momento della restituzione della bicicletta che nessuno si porti via il casco?». Le soluzioni potrebbero essere dunque montare dei bauletti sulle bici dotati di un microchip o lettore che verifichi la presenza del casco, o caschi con lettori incorporati che diano l’allarme in caso di mancata restituzione. Gira e rigira l’operazione sembra veramente complicata anche perché comporterebbe necessariamente una modifica ai mezzi o alle stazioni, che stanno aumentando. In via di definizione proprio in questi giorni l’estensione del servizio a 2.250 nuove biciclette per 100 ulteriori stazioni da 33 stalli. Obiettivo finale arrivare a 5.000 biciclette e 260 stazioni entro due anni.
«Per non parlare dei problemi di igiene - ragiona Verrecchia - l’unica soluzione potrebbero essere caschi “usa e getta“ almeno di plastica riciclata o di materiale ecologico, per evitare la contraddizione in termini di un mezzo di trasporto ecologico da guidare con un elmetto di plastica».


«Non conosco le statistiche e le motivazioni che hanno ispirato il legislatore - il commento dell’assessore all’Arredo urbano con delega a Bikemi Maurizio Cadeo - la sicurezza dei ciclisti viene prima di tutto. Se verrà approvato il ddl ci adegueremo, penso che sia comunque necessario, vista la natura del servizio, prevedere caschi a noleggio».

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