Luca Telese
nostro inviato a Perugia
Alla fine della mattinata, al termine di un serrato botta e risposta con i giornalisti, in una delle più belle sale del centro di Perugia, anche la pazienza «centrista» di Pierferdinando Casini si è esaurita, «ogni limite ha una pazienza», diceva Totò e il leader dellUdc ha deciso di dare una risposta netta ai tanti messaggi (lultimo ieri mattina sul Corriere della Sera) che arrivavano dal presidente della Margherita Francesco Rutelli: «Insomma, adesso basta. Con gli amici della Margherita condividiamo tante cose, tante preoccupazioni, alcune posizioni su temi importanti ma poi alla fine, il punto politico è un altro. Rutelli e la Margherita saranno anche simili a noi, ma il problema è il loro ruolo attuale. Loro adesso sono i servi sciocchi della sinistra». Insomma, parole di fuoco. Che non a caso arrivano in una giornata in cui Casini ricorda le sciabolate della campagna del 1948 e scuote il capo: «Non capisco perché si stupiscano di quello che succede oggi, è vero che cè qualcuno che accusa Berlusconi di rapporti con la mafia - sospira il presidente della Camera - ma non è che quando i comunisti accusavano De Gasperi di essere un servo degli americani andasse meglio». E quindi, colpi di sciabola e abbracci in eguale misura in questo strano confronto a distanza con Rutelli.
Certo, il rapporto fra la Margherita e lUdc ormai è uno degli assi dialettici principali di questa campagna elettorale e molti elettori avranno ancora negli occhi il ricordo del primo confronto che era andato in onda su Canale 5, a Matrix, moderato da Enrico Mentana. Un confronto in cui Casini affondava con garbo e Rutelli si tirava indietro stizzito, in cui il leader dellUdc faceva saltare il formalismo e si rivolgeva allavversario dandogli addirittura del tu: «Eh sì, caro Francesco; tu sei anche bravo, ma come sei isolato nella tua coalizione fra Bertinotti e Diliberto». Ed era quasi divertente, vedere come quel pronome confidenziale imbarazzasse Rutelli più di ogni presa di posizione politica, il leader della Margherita rispondeva mantenendo le distanze, i titoli, il cognome, rispondeva: «Presidente Casini, mi permetta...».
Le posizioni si erano leggermente modificate invece da Mimun, su Raiuno con Rutelli che faceva il maestro di cerimonie, continuava a rivolgersi al presidente della Camera per cognome, ma già era più confidenziale: «Caro Casini, se vuoi venire con noi dopo il voto...». Ovvio che laltro rispondesse che non ci pensava minimamente. Ma in unaltra occasione importante, nel 2002, quando Rutelli aveva votato «sì» allinvio degli alpini in Afghanistan, era stato proprio il primo inquilino di Montecitorio a inaugurare la strategia dellabbraccio mortale: «Voglio dare atto a Rutelli di aver servito gli interessi del Paese con questa sua presa di posizione».
Ed è ancora più interessante vedere lo scontro fra eserciti che si sta svolgendo nella porzione centrista dei due schieramenti in questa campagna elettorale. Rutelli ha messo in campo Luigi Bobba, lex presidente delle Acli; Casini si è tolto la soddisfazione di candidare Luisa Santolini, presidente del Forum delle Associazioni Familiari, una sorta di gioiello della vetrina ruiniana che ora fa bella mostra di sé nelle liste dellUdc. Ebbene, è quasi incredibile, ma anche Bobba e la Santolini duellano a colpi di abbracci e pugnali, hanno già fatto due iniziative insieme e poi sono andati in pellegrinaggio a Radio Vaticana, come se il centrodestra e il centrosinistra fossero due facce della stessa moneta nella zecca dellidentità cattolica. Ed anche Rosa Binetti, la candidata più amata da Ruini nelle liste della Margherita, ex presidente del Comitato per la bioetica, sembra essersi calata nel gioco dello scambio dei ruoli, ha gettato un sasso nello stagno quando ha detto: «Sulleutanasia ha ragione il ministro Giovanardi».
E si potrebbe continuare così, almanaccando questo valzer di sospiri in cui la Margherita insegue lUdc, cercando (forse inutilmente) di strapparle il primato nelle relazioni con il mondo cattolico e con le gerarchie ecclesiastiche.
Il fatto è che il 9 aprile si decide non se queste due anime del cattolicesimo politico dovranno dialogare (è scontato), ma in realtà solo chi sarà il primo a dare le carte. Ed è curioso vedere come nel Paese del bipolarismo rissoso si celebri anche questo confronto parallelo, il derby dellabbraccio mortale, fra Casini e Rutelli, che pare ricalcato quasi su quello leggendario fra Amintore Fanfani e Aldo Moro: ogni volta che uno dei due saliva, laltro andava a fondo; ogni congresso era una battaglia campale, ma poi alla fine i due «cavalli di razza» trovavano il modo di convivere, nel recente libro di Marco Damilano, Democristiani immaginari (Vallecchi Editore) si ricorda con una pagina memorabile il patto di Palazzo Giustiniani quando nel 1963 la Dc di allora spartì i suoi ruoli migliori, Fanfani segretario, Moro presidente del centrosinistra. Chissà cosa accadrà fra i due «piacioni di razza».
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