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Casini: "Sui nomadi Veltroni e Rutelli colpevoli"

Il leader dell'Udc: "I due sindaci di Roma devono assumersi le responsabilità". Ieri nessuna espulsione: era domenica. Oggi lo stesso, i giudici di pace non lavorano

Casini: "Sui nomadi 
Veltroni e Rutelli colpevoli"

Roma - «Rutelli e Veltroni non possono chiamarsi fuori dalle loro responsabilità. Hanno governato Roma per anni. E per anni il Comune ha fatto finta di non vedere i campi nomadi: questo è inaccettabile». Pier Ferdinando Casini cammina tra le baracche e le catapecchie ammonticchiate lungo la riva dell’Aniene, sotto via di Ponte Mammolo. Il leader Udc ha voluto vedere con i suoi occhi uno dei tanti insiediamenti abusivi sorti come funghi negli anfratti della città eterna che rappresentano, dice, «l’altra Roma, una città non censita che tutti fanno finta di non vedere». La sinistra che per anni ha governato la capitale però, rincara Casini, «si deve assumere la responsabilità di rispondere di questa doppia città». Agglomerati di disperazione che fino a ieri preoccupavano soltanto i cittadini che vivevano a poche centinaia di metri da quelle stamberghe e che oggi invece all’improvviso occupano il primo posto tra le priorità politiche del governo Prodi.

L’esecutivo annaspa e per non affogare ha bisogno di approvare subito il decreto che contiene le nuove norme sulle espulsioni. Norme già contenute nel famoso pacchetto sicurezza che proprio il governo ha trascinato dall’inizio di settembre di consiglio in consiglio, incapace di approvarlo per mancanza di un accordo tra i vari ministri. Proprio il giorno prima dell’assassinio di Giovanna Reggiani il pacchetto era stato finalmente varato, però come disegno di legge. Soltanto l’atroce delitto di Tor di Quinto ha indotto il sindaco di Roma e leader del partito Democratico, Walter Veltroni, a invocare iniziative immediate da parte del governo, che ha risposto subito varando il decreto che arriverà questa settimana alle Camere.
Il centrodestra sa bene che il provvedimento per essere approvato ha bisogno dell’appoggio dell’opposizione: difficilmente la sinistra radicale darà il suo voto. E come già ha fatto il leader di An, Gianfranco Fini, anche Casini pone precise condizioni senza le quali l’Udc non darà via libera.

«Siamo pronti a votare il decreto sulla sicurezza ma a tre condizioni e in questo sono d’accordo con Fini», spiega il leader centrista. Quali sono i paletti posti dall’Udc e da tutta la Casa delle libertà? «In primo luogo che le espulsioni siano reali, effettive - dice Casini -. In secondo luogo che ci siano più fondi per la polizia, perché le espulsioni costano e non ci sono questi soldi in Finanziaria. E infine, una precisa indicazione ai Prefetti: chi sta in Italia ma non ha una casa, un lavoro, non ha nulla e vive in mezzo a baracche, sotto i ponti o nelle caverne, non può rimanere nel nostro Paese perché è fin troppo facile immaginare che possa delinquere». E al governo Prodi l’Udc lancia un ammonimento: «Serve una grande determinazione e noi possiamo votare il decreto a queste condizioni. Ma se invece sarà il solito pannicello caldo, se lo votino loro». Ipotesi quest’ultima che Casini sa bene essere difficilmente praticabile visto che pure ieri il ministro della Solidarietà sociale Paolo Ferrero ha definito «inquietante» l’ipotesi di un voto bipartisan sulle espulsioni.

Da Casini infine una ferma condanna del raid punitivo di Tor Bella Monaca aggiungendo però che è frutto «di uno stato di disperazione dei quartieri degradati».

Purtroppo, conclude il leader Udc, «l’Italia, con questo messaggio di lassismo e di tolleranza, è diventata il ricettacolo di tutta la delinquenza europea».

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