Caso Parmalat, le banche nel mirino dei pm

da Milano

Un unico, sotterraneo filo conduttore che lega le malefatte delle banche nel disastro Parmalat alla crisi che scuote oggi i mercati finanziari. Un filo conduttore costituito dalla finanza creativa, dai «derivati» piazzati sul mercato del risparmio e del credito nel disinteresse più totale per le conseguenze sugli equilibri generali del sistema oltre che per le sorti dei singoli. Così, come un poderoso atto d’accusa, si annuncia il capitolo finale del processo Parmalat in corso a Milano: la requisitoria di Francesco Greco, procuratore aggiunto, che inizia domani davanti alla Prima sezione del tribunale. È il processo chiamato a valutare le accuse di aggiotaggio e di ostacolo all’attività degli organi di vigilanza.
A tirare le fila delle accuse contro Calisto Tanzi e i suoi complici hanno già iniziato, nelle scorse settimane, due colleghi di Greco, i pubblici ministeri Carlo Nocerino ed Eugenio Fusco. Ma Greco si è tenuto per sé l’ultimo e più delicato capitolo dell’atto finale: le responsabilità del sistema bancario nell’inverosimile catena di bugie e di imbrogli che hanno permesso a Tanzi e al suo management di rifilare per anni al mercato titoli e obbligazioni di un gruppo già tecnicamente fallito, e innescando così il peggior crac della storia finanziaria italiana. Delle numerose banche corresponsabili della catastrofe di Collecchio, alcune sono uscite dal processo a forza di risarcimenti, altre stanno risarcendo in questi giorni (da ultime Ubs, Deutsche e Citibank) per ottenere di patteggiare la pena. Difficilmente nei loro confronti Greco sarà tenero. Ma il ruolo decisivo, le responsabilità maggiori nell’immenso pasticcio Parmalat la Procura le attribuisce a una banca in particolare: è Bank of America. Senza i «colletti bianchi» di Bank of America, le conseguenze delle imprese di Tanzi e Fausto Tonna non sarebbero state così gravi.
Già nella lettura dei capi di imputazione si poteva leggere una anticipazione di giudizi sul sistema della finanza strutturata e dell’investment bank divenuti oggi di scottante attualità. La lunga, faticosa istruttoria dibattimentale non ha fatto altro che confermare - secondo la Procura - come le degenerazioni del sistema fossero già evidenti all’epoca in cui i bond Parmalat venivano allegramente piazzati sul mercato grazie alle bugie raccontate alla Consob da Tanzi e dai suoi banchieri di fiducia.
E, sempre secondo la Procura, l’inchiesta Parmalat offriva anzitempo uno spaccato illuminante su un altro aspetto decisivo: il ruolo dei giovani finanzieri d’assalto arrivati a occupare posizioni chiave nelle banche. Spregiudicatezza e voracità di questi personaggi, sostiene la Procura, hanno avuto campo libero anche nel caso Parmalat: non a caso tre uomini di Bank of America - Luca Sala, Luis Moncada e Antonio Luzi - si sono spartiti, operando su Parmalat, la surreale cifra di 58 milioni di dollari.
Al termine della requisitoria, arriveranno le richieste di condanna, a partire da quella contro Tanzi.

Difficile che qui l’inventore di Parmalat se la possa cavare con meno di cinque o sei anni. E per lui e i suoi complici sarà solo l’acconto di quanto li aspetta a Parma, quando arriverà al dunque il processo per bancarotta fraudolenta.

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