di Matteo Sacchi
La filosofia ha i suoi modi e i suoi tempi. Anche l’Accademia. Ce lo spiegava su queste pagine il rettore di Ca’ Foscari, Pier Francesco Ghetti. Per decidere se Umberto Galimberti copia o no ci vuole un giurì. Per avere il giurì bisognerebbe che qualche filosofo titolato lo richiedesse al ministero della Pubblica Istruzione. E i giornali, in quest’ambito, non contano. Così anche le evidenze, le ammissioni, le proteste di Giulia Sissa o di Alida Cresti, i rammarichi di Salvatore Natoli, «vittime» dell’autore di L’ospite inquietante, non contano. Ma mentre i filosofi prendono tempo, può capitare che spunti - e qui val la pena di plagiare Fenoglio - un geniale dilettante.
Squilla un telefono e all’altro capo del filo c’è Francesco Bucci, accanito lettore della Repubblica: «Mi scusi, maguardi che i copia-eincolla non sono solo questi... Io da un anno ho sostituito i libri di Galimberti alla Settimana Enigmistica... mi diverto di più». Così arriva alla redazione romana del Giornale con una valigia di libri e una borsa di fotocopie. Sarebbe impossibile concentrare in un articolo tutti i percorsi carsici di clonazione che Bucci illustra carte alla mano. Solo qualche timido esempio. Partendo da Il corpo (Feltrinelli), testo del 1983 che Galimberti ha presentato a concorso per la cattedra a Venezia. A pagina 458 Galimberti cita due righine de L’erotismo di Georges Bataille, mettendo delle belle virgolette. Peccato che prima e dopo saccheggi l’autore senza ricordarsidi virgolettare alcunché. Spigolando qua e là.
Galimberti: «La maggior violenza è per noi la morte che ci strappa dalla nostra ostinazione di veder durare quel corpo che noi siamo... Sopportiamo a fatica la condizione checi lega a un’individualità casuale e mortale...». Bataille: «La maggior violenza per noi è nella morte che, appunto, ci strappa dalla nostra ostinazione di veder durare quell’essere discontinuo che siamo... Sopportiamo a fatica la condizione che ci inchioda a una individualità casuale, a quella individualità mortale che siamo in effetti... ». E qui Gianni Vattimo forse direbbe di nuovo che non c’è nulla di grave, che filosofia è sempre un po’ copiare.
Che quindi è giusto che Bataille ricompaia «triturato» allepagine 458, 459, 462, 463, 464. Ma accorgendosi che succede anche a La società contro lo stato di Pierre Clastres, utilizzato come riempitivo alle pagine 371, 372, 375, 376, 404, 414, 565, 567 e 568, magari qualche dubbio verrebbe anche a lui. Ovviamente è questione di gusti, qualcun altro potrebbe irritarsi, invece, accorgendosi che di Bataille viene ampiamente saccheggiata La parte maledetta: trito misto senza virgolette alle pagine 492, 493, 494, 495, 496, 497, 498, 499, 500. Bataille a pag. 47 del suo libro: «L’economia classica ha immaginato che lo scambio si verificasse sotto forma di baratto: in effetti non aveva ragione alcuna di supporre che un mezzo di acquisto come lo scambio avesse potuto avere come origine, non il bisogno di acquistare cui soddisfa oggi, ma il bisogno contrario della distruzione e della perdita... ».
Galimberti a pag. 492: «L’economia classica ha immaginato che lo scambio primitivo si verificasse sotto la forma del baratto, perché nonpotevaneppurelontanamente immaginare che lo scambio potesse originarsi non dal bisogno di acquisire cui oggi soddisfa, ma dal bisogno contrario di distruggere e di perdere... ». Ne Il corpo, almeno qualche noticina che rimanda a Bataille c’è. Peccato poi che le pagine de Il corpo in alcuni casi siano state riutilizzate in forma di «autoclonazione» per comporre Il gioco delle opinioni, testo galimbertiano del 1989 (Feltrinelli). Così a pag. 227 rispunta: «L’economia classica ha immaginato che lo scambio primitivo si verificasse sottoformadi baratto, perché non poteva neppure lontanamente immaginare che lo scambio potesse originarsi non dal bisogno di acquistare...». In questo caso però non c’è neanche la foglia di fico di una nota generica. Forse Galimberti credeva solo di clonare se stesso.
Quanto poi al Dizionario di Psicologia del 1992 che Galimberti ha sempre dichiarato di aver composto, nella sua enormità, solo soletto, spetta agli esperti decidere se le voci «Angoscia», «complesso di Edipo», «Io», «Inconscio» somiglino troppo a quelle di J. Laplanche e J.-B. Pontalis, Enciclopedia della Psicoanalisi, Laterza (1968). Risparmiamo per carenza di spazio quelle che presentano la solita aria di famiglia. Non potendo giudicare,ma potendosolo leggere e sottolineare ciò che è uguale o simillimo, restiamo in attesa. In attesa che arrivi un giurì improbabile che ci dica: «così nonsi fa». Oppure al contrario: «Va benissimo così, sonotesti validissimi e bene ha fatto Galimberti a scriverli come li ha scritti» (notizia che riempirebbe di gioia i tesisti dotati di scanner).
E nell’attesa ci intratteniamo con articoli di giornale di tipo natalizio. Ci competono di più. Leggiamo Il Buio della grotta e la luce della nascita pubblicato dalla Repubblica il 19 dicembre 2006 e a firma Galimberti. «La nascita non è mai così sicura come la morte. Si può, infatti, morire anche senza essere mai nati...». Ricorda un po’ pagina 158 di un libro di Galimberti, Idee: il catalogo è questo: «La nascita non è mai così sicura come la morte. Si può, infatti, anche morire senza essere mai nati...». E le uguaglianze continuano per un bel po’.
Ovviamente Idee: il catalogo è questo è scritto rielaborando articoli usciti sul Sole-24Ore dal novembre 1988 al dicembre 1990. Chi compra la Repubblica legge in fondo articoli vecchi più di un decennio. Devono arrabbiarsi come Francesco Bucci? In fondo Natale è sempre Natale.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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