Caso Unipol, i ministri si azzuffano e Prodi chiama i ds tre giorni dopo

Sulle intercettazioni di D’Alema e Fassino è scontro tra Mastella e Di Pietro. I verdi: smettano di parlarsi attraverso i giornali. L'Anm abbandona la Forleo

Caso Unipol, i ministri si azzuffano 
e Prodi chiama i ds tre giorni dopo

Roma - «Mastella viola la Costituzione», accusa Di Pietro. «Di Pietro attenta al buonsenso», ribatte Mastella. Se almeno una certezza il governo Prodi riesce ad assicurare ai cittadini, è quella di poter assistere con la regolarità di un metronomo alla rissa tra il Guardasigilli e il Guardasigilli mancato, che ha dovuto ripiegare sulle Infrastrutture ma non pare disposto a rassegnarcisi. Qualunque sia l’argomento (a patto che sia di competenza di Mastella), il copione si ripete.

Stavolta, sul caso Unipol, con particolare virulenza. E in totale assenza dell’arbitro, perché mentre i suoi ministri si scontrano coram populo il presidente del Consiglio si guarda bene dal metter bocca: l’argomento è davvero troppo scivoloso, e Prodi preferisce starne fuori. Anche se ieri, dopo due giorni di silenzio, non ha potuto esimersi dal far sapere di aver espresso la propria «solidarietà» a D’Alema e Fassino.

Venerdì riemerge dopo settimane di silenzio il caso delle intercettazioni Unipol, con la notizia dell’ordinanza del gip Forleo. Il ministro della Giustizia si inalbera e parla di una «possibile lesione dei diritti e dell’immagine» dei parlamentari chiamati in causa, tra cui D’Alema e Fassino, e dà mandato ai suoi uffici di acquisire la richiesta inoltrata dal Gip alle Camere ravvisandovi delle «singolarità».

Immediata la reazione di Di Pietro in difesa della ex collega milanese: quella del Guardasigilli è «una entrata a gamba tesa», e la sua decisione di «mettere sotto inchiesta i giudici di Milano mina l’indipendenza della magistratura». Mastella si difende: «Ho grande rispetto per l’autonomia dei magistrati, ma bisogna averne altrettanto per le prerogative costituzionali: voglio evitare che ci siano conflitti, antagonismi o esasperazioni». Ma Di Pietro rincara la dose, con un’intervista ieri a Repubblica: l’iniziativa di Mastella è «un attentato alla Costituzione», è «fuori luogo e abusivo che sindachi l’atto di un giudice». Il richiamo della foresta, per l’ex Pm, è inesorabile: fa il politico da decenni, ma quando deve scegliere tra la corporazione dei magistrati e quella di cui ora fa parte, vince sempre la prima: «È la storia di sempre, l’esecutivo, per difendere se stesso, si appropria di una funzione che non gli compete». Poi la randellata: quello di Mastella «è solo un favore, forse non richiesto, un tentativo maldestro di ingraziarsi i Ds in vista di futuri scenari».

Nel frattempo anche Marini e Bertinotti intervengono (per una volta in sintonia) a bacchettare il gip Forleo, e Mastella lo ricorda a Di Pietro: «È l’ex Pm a trovarsi fuori linea, come dimostrano le posizioni espresse dai presidenti di Camera e Senato sui cui giudizi mi onoro di convenire». Conclusione: «Non sono io a violare la Costituzione, se mai è lui che, spesso, attenta al buon senso». Di Pietro si imbufalisce, e denuncia: «A Mastella mancano i fondamentali del diritto. Ma continuare a infierire su di lui è come sparare sulla Croce rossa».

Il silenzio di Palazzo Chigi di fronte a uno scontro tra ministri che ha raggiunto il livello di guardia, mentre alcuni costituzionalisti si schierano contro il Guardasigilli, diventa pesante.

«Prodi non può sottrarsi, deve dire a chi dà ragione», reclama Matteoli di An. E dalla maggioranza, che tace imbarazzata, si fa sentire solo il verde Bonelli: «Mastella e Di Pietro comunichino tra loro anziché attraverso la stampa. Per il bene del governo», implora.

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