Catherine Spaak e Buccirosso tra Manzoni e Vivien Leigh

«Per me rappresenta in assoluto e nel modo migliore l’attrice. Possedeva il sottile, impalpabile dono che consente la comunicazione tra superficie e profondità e permette all’oscuro inespresso di venire alla luce. Nella vita era capace di tutto: del meglio e del peggio. Ma sempre con grazia e raffinatezza». Così Catherine Spaak parla della protagonista di Via col vento e di Un tram chiamato desiderio alla quale rende omaggio nel monologo Vivien Leigh. L’ultima conferenza stampa di Marcy Lafferty. Pièce della quale cura anche traduzione, adattamento e regia e che arriva oggi all’Eliseo per mostrarci una donna ormai prossima alla fine (siamo nel ’67), divisa tra mito e realtà, memoria e malattia (morì di tubercolosi), passione artistica e profonda fragilità.
E in fatto di personalità sofferenti e ambivalenti ne sa molto Annibale Ruccello, geniale drammaturgo partenopeo, scomparso a soli trent’anni, che ci ha lasciato capolavori indiscussi come Le cinque rose di Jennifer, da oggi al teatro della Cometa nella versione diretta da Agostino Marfella con Leandro Amato e Fabio Pasquini interpreti: storia di dolori e paure insondabili che, sullo sfondo di una Napoli degradata dove le intonazioni thriller acquistano spessore grottesco, minacciano la stabilità psicologica di un transessuale disperato (un «deportato dalla vita», come diceva l’autore), perso nei suoi toccanti sogni d’amore e in preda a deliranti visioni/ossessioni.
Di tutt’altro genere (sebbene non privi di una loro drammatica leggerezza) i due debutti previsti, anch’essi per questa sera, al Brancaccio e alla Sala Umberto. Nella prima sala, l’intelligenza sarcastica di Giobbe Covatta accompagna il pubblico dentro i ricettacoli di un racconto civile ispirato alla dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo, Trenta il titolo, dove gli articoli del famoso documento firmato dall’Onu nel ’48 per mettere a riparo l’Uomo da misfatti simili a quelle perpetrati durante la seconda guerra diventano materia di un pamphlet ironico (ma non troppo) che tocca argomenti quali la schiavitù, la tortura, il diritto alla nazionalità, al lavoro, all’istruzione. Un modo per ricordare, per ribadire e, in definitiva, per valutare a che punto siamo arrivati.
Sul palcoscenico di via della Mercede, invece, la fantasia di Carlo Buccirosso (autore e regista) ci propone una coraggiosa rilettura del più celebre romanzo italiano di tutti i tempi nella commedia musicale I compromessi sposi: l’azione si sposta ai giorni nostri e Don Rodrigo diventa un usuraio di Acerra, emigrato al Nord per allargare il suo giro di affari ed entrato in contatto con un clan di mafiosi al cui vertice si trova ovviamente l’Innominato.

La storia è comunque quella di Manzoni, anche se a condirla di piacevole levità ci pensano le coreografie e le canzoni eseguite dal vivo dagli interpreti, che sono Graziella Marina, Gino Monteleone, Maria Del Monte, Gianni Parisi.

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