Il Cav già prosciolto a Milano ma Roma lo vuole a processo

RomaPer un altro filone della stessa inchiesta, a Milano, l’hanno già prosciolto. Ma ora è la Procura di Roma a tornare all’attacco contro Silvio Berlusconi, accusato assieme al figlio Pier Silvio di evasione fiscale e violazione delle norme tributarie nell’ambito dell’inchiesta Mediatrade sulla compravendita dei diritti tv e cinematografici Mediaset.
Il procuratore reggente della capitale Giancarlo Capaldo, l’aggiunto Pier Filippo Laviani e il pm Barbara Sargenti hanno chiesto il rinvio a giudizio dell’ex premier, del vicepresidente di Mediaset e numero uno di Rti e di altre dieci persone, tra le quali il produttore statunitense Frank Agrama, sette dirigenti Mediaset e due cittadini cinesi per una presunta frode fiscale da 10 milioni di euro che, secondo l’accusa, sarebbe stata realizzata tramite l’emissione di false fatturazioni per 220 milioni. Tra gli atti che il gup Pierluigi Balestrieri dovrà esaminare prima di decidere se mandare il Cavaliere a processo ci sono anche le motivazioni della sentenza di proscioglimento emessa lo scorso ottobre dalla collega milanese Maria Vicidomini e il ricorso in Cassazione presentato dalla Procura meneghina, che non si è mai rassegnata al fatto di essersi persa per strada l’imputato principale, prosciolto con formula piena «per non aver commesso il fatto». Secondo il gup Vicidomini i pm non avevano fornito alcuna prova che dimostrasse la partecipazione materiale o anche solo morale di Silvio Berlusconi ai fatti contestati, gli stessi dai quali ora è nuovamente chiamato a difendersi, soltanto riferiti a periodi differenti.
I reati fiscali per i quali procedono i magistrati romani - che indagano da quando nel 2010 parte dell’indagine venne trasferita nella capitale per competenza territoriale perché Rti nel periodo valutato aveva sede legale a Roma - sarebbero stati commessi tra il 2003 e il 2004 e dunque destinati a prescriversi a breve: nel primo caso entro l’aprile del 2012, nel secondo entro l’aprile dell’anno prossimo. La Procura ritiene che Mediatrade, Rti e Fininvest per evadere le imposte sui redditi gonfiassero il prezzo dei diritti di trasmissione di film e fiction acquistati dalla Paramount e da altre major statunitensi tramite società di comodo riconducibili ad Agrama e ad altri intermediari. Parte delle somme sborsate sarebbe stata poi fatta rientrare in Italia attraverso la triangolazione con aziende in Estremo Oriente e utilizzata per la creazione di fondi neri.
Non sarà facile per il gup Balestrieri pronunciarsi su un’inchiesta fotocopia di quella in cui Silvio Berlusconi è stato già dichiarato estraneo, considerando anche che nel periodo in questione l’ex premier non ricopriva più da tempo cariche dirigenziali nell’azienda.

Nel fascicolo c’è la testimonianza del produttore Silvio Sardi e quella dell’allora amministratore delegato di Rai Cinema, secondo il quale le trattative per l’acquisto dei diritti avvenivano direttamente con le major americane e senza la presenza di intermediari.

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