Il Cavaliere ora ha un’arma in più

La decisione di Berlusconi di dichiarare finito il bipolarismo è giunta nella politica italiana come un'onda dal profondo, quasi un terremoto che scuote la superficie della terra. Berlusconi ha la capacità di intuire quel che si muove nel mondo reale, di guardare la realtà con gli occhi della realtà. Per questo è diventato, dal '94, la figura dominante della politica italiana, che si è determinata con lui o contro di lui negli schieramenti, ma sempre accettando il suo messaggio e introducendolo nelle forme della loro politica e dei loro contenuti programmatici.
Ma, questa volta, Berlusconi ha sorpreso prima di tutto gli elettori del centrodestra. Essi erano abituati a sperare nel bipolarismo che faceva di Berlusconi il candidato naturale alla presidenza del Consiglio. Ed ora si trovano di fronte a Berlusconi che chiede la proporzionale alla tedesca che finora ha sempre rifiutato. Sentivano un Berlusconi alternativo alla sinistra e ora sentono che vuole negoziare con Veltroni, sino a proporre, nel caso, anche una grande coalizione. D'impulso hanno subito accettato con entusiasmo la scelta del protagonismo del leader con cui essi si identificano. Ed ora se ne domandano le ragioni.
Il bipolarismo era un'offerta al centrodestra, ma anche al centrosinistra. Ciascun schieramento doveva proporre un omogeneo programma politico. Ma la sinistra era caduta in tale disgregazione che, per dar vita a un polo, doveva unire democristiani, postcomunisti, antagonisti e frammenti di destra, di centro e di sinistra. Non era una coalizione, ma un comitato nazionale per la liberazione da Berlusconi.
Ciò è fallito nelle elezioni 2006 in cui Berlusconi ha avuto altrettanti voti che il centrosinistra. Metà Paese non accetta la tesi che Berlusconi fosse un pericolo per la democrazia, ma lo considerava come il rappresentante della democrazia. La maggioranza di governo ha voluto costituirsi nella linea antiberlusconiana, portando una coalizione radicalmente eterogenea nel governo delle istituzioni, sino alla stessa presidenza della Repubblica. È stato un colpo di Stato, in forma democratica, come quelli a cui il nostro Paese è abituato fino dal 1922. Questa scelta ha creato non un governo ma un sistema di potere, fondato sulla spartizione del bottino e ha determinato, nella stessa sinistra, il fenomeno dell'antipolitica. Esso è un monopolio del potere che potremmo chiamare di media intensità, a dosi farmacologiche, ma che in sostanza tende a limitare la libertà e l'uguaglianza dei cittadini che non hanno accesso al governo e al sottogoverno della maggioranza. Essa controlla anche quasi tutte le regioni e la maggior parte dei consigli comunali. La realtà si è imposta ai cosiddetti «riformisti» della maggioranza che hanno partorito l'idea di un Partito democratico, ma non sappiamo quanta consistenza essa abbia. Nella sua lunga storia, il Pci non ha mai voluto e accettato nemici a sinistra e ha rifiutato per questo di essere assimilato a un partito di centro. Ha così condannato il Psi, che con Craxi aveva fatto appunto questa scelta. Accetteranno i postcomunisti di tornare sui passi di Craxi? Non ne vediamo ancora i segni.
Berlusconi ha capito che non bastava costituire il centrodestra. Oggi comprendiamo la grandezza nel costituirlo perché, se non ci fosse Berlusconi, avremmo al Nord una violenza politica e non solo quella criminale. Sarebbe la risposta al miniregime e alla sua indifferenza alla condizione dei cittadini.
Il bipolarismo voleva riformare anche il centrosinistra e questo non è accaduto. È apparsa chiara la possibilità che il Partito democratico sia solo una fata Morgana e che la sinistra voglia consumare Berlusconi come il creatore del centrodestra e del Popolo delle libertà, anche perseguendo alleanze tattiche con i suoi alleati che, in quanto partiti storici, hanno interesse a vivere in qualche modo, anche nell'apnea della democrazia. Berlusconi no. Per questa scelta di provocare la sinistra obbligando il Partito democratico a differenziarsi dall'Unione, egli ha proposto il proporzionale alla tedesca invocato da Massimo D'Alema e le elezioni nel 2008. Se essi lo accetteranno sarà un bene per la democrazia. Se vorranno continuare, fino al 2009, per logorare Berlusconi e trattare con i suoi alleati, essi riveleranno che il miniregime è la loro intenzione. E Berlusconi è il riferimento più importante del popolo di centrodestra non escludendo gli altri partiti alleati ma senza associarsi ad essi nella Casa delle libertà. Non è una pace con il miniregime, è il modo di chiarire quello che esso veramente è.

Berlusconi vuole salvare la bipolarità dopo che la sinistra ha fatto cadere il bipolarismo. La sua proposta è un'offerta di pace, ma anche un'arma di guerra. Gli elettori di centrodestra lo hanno capito o lo capiranno.
Gianni Baget Bozzo
bagetbozzo@ragionpolitica.it

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