Cavazza, lo scienziato affarista

Un po’ dottor Jekyll, un po’ mister Hyde. Claudio Cavazza è l’uomo dai due volti. Quello «ufficiale» è perfetto, ai limiti dell’agiografico: Cavazza è il presidente e maggiore azionista del colosso farmaceutico Sigma Tau, che ha fondato nel 1959, giovane laureato in farmacia, insieme al padre Emilio; è lo scienziato che ha anticipato di decenni lo studio di molecole importanti come le carnitine, meritandosi la laurea ad honorem in medicina dell’Università di Genova e l’istituzione di un premio a suo nome da parte della Contea del Maryland per il suo impegno nella ricerca sulle malattie rare; l’imprenditore che esporta in tutto il mondo, il cavaliere del lavoro, il vicepresidente di Farmindustria dopo esserne stato per anni il presidente. E proprio quest’ultimo incarico l’ha messo nei guai per la prima volta, ai tempi di Tangentopoli, svelandone l’altra faccia: quella dell’affarista senza scrupoli.
Le manette scattano ai polsi dell’imprenditore bolognese il 4 luglio del 1993. L’accusa è violazione della legge sul finanziamento pubblico ai partiti. A travolgere Cavazza sono le dichiarazioni di Giovanni Marone, ex segretario del ministro della Sanità Francesco De Lorenzo, che in pagine e pagine di verbali elenca i manager che bussavano alla porta del ministro, bustarella alla mano, per ottenere di tutto, dagli aumenti di prezzo delle medicine all’inserimento dei propri farmaci nel prontuario nazionale. Cavazza, all’epoca presidente di Farmitalia, sarebbe stato il grande «collettore», incaricato di raccogliere le tangenti tra i soci e versarle poi a De Lorenzo.
Ma non è tutto: nell’inchiesta spunta l’ex direttore generale del servizio farmaceutico, Duilio Poggiolini, a raccontare di aver ricevuto da Cavazza in dieci anni tangenti per un miliardo e 800 milioni, con l’incarico di «oliare» le procedure per i medicinali della Sigma-Tau. In tribunale l’imprenditore ammette tutto, anche perché gli sarebbe difficile negare. La sua difesa è basata sul principio del «così fan tutti»: «Era un sistema perverso, bisognava pagare: altrimenti l’azienda veniva svantaggiata rispetto alle altre», dichiara senza tanti giri di parole.


Alla fine di un processo durato mesi, che ha coinvolto buona parte del sistema sanitario italiano, il fondatore della Sigma Tau esce di scena senza troppi danni: dopo aver versato allo Stato un risarcimento di 6 miliardi di lire, patteggia un anno e sei mesi con la condizionale.

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