Milano - Il Pd ha scoperto, dopo una seria e approfondita indagine, che questo giornale simpatizza per Silvio Berlusconi e sostiene la sua azione di governo. La prova? A volte, nei titoli, «lo cita in modo confidenziale col nome di battesimo». Cioè scriviamo Silvio invece che Berlusconi. La cosa è grave al punto che i vertici del partito hanno deciso di inoltrare un esposto al Garante delle comunicazioni, chiedendo di aprire un'indagine e adottare le sanzioni conseguenti, non esclusa la chiusura della testata. Il documento, quattro cartelle su carta intestata del Pd, è firmato da un vero democratico, l'ex ministro e attuale responsabile dell'informazione, Paolo Gentiloni Silveri, già cofondatore negli anni Settanta del Pdup (Partito di unità proletaria), nato da una scissione del Pci ritenuto all' epoca poco comunista. Gentiloni non è certo l'unico a essere passato dalle barricate di piazza contro il potere borghese ai lauti stipendi dei governi borghesi.
La sua rivoluzione l'ha barattata con iquindicimila euro netti al mese dello stipendio di deputato, il doppio cognome l'ha tenuto come vezzo, così come ha diretto una rivista ecologica di sinistra ( La nuova ecologia ) ovviamente pagata con i contributi pubblici. In sostanza, da buon comunista, non ha quasi mai guadagnato un soldo che venisse dal mercato ma si è fatto sempre mantenere dai contribuenti. Per Gentiloni il fatto che un giornale scriva bene di Berlusconi e male della sinistra è inammissibile: «A giudizio dello scrivente- si legge nell'esposto - la condotta ascrivibile alla direzione del quotidiano Il Giornale configura in tutta evidenza una fattispecie di sostegno privilegiato al presidente del Consiglio... il quotidiano ha giocato un ruolo di sostegno sistematico alle posizioni del premier ma di attacco continuato alle posizioni dei soggetti politici considerati quali suoi avversari... per tutto questo si chiede a codesta autorità di aprire una istruttoria...». Ci avesse telefonato, gli avremmo chiarito direttamente il suo sospetto. È vero, sosteniamo, quasi unici nel panorama della stampa italiana, Silvio Berlusconi e il suo governo. Sì, critichiamo anche aspramente la politica di Bersani, di Di Pietro e di chi meglio crediamo. Il perché è semplice: ci piace così, siamo liberi, crediamo in quello che facciamo, non vogliamo vivere in un Paese dove un Gentiloni qualsiasi, alla pari di qualche pm in malafede e in cerca di gloria, possa tappare la bocca a giornali e giornalisti. Gentiloni Silveri, a nome di Bersani, pensa, e scrive, che noi sosteniamo Berlusconi perché pagati dalla famiglia Berlusconi. Non lo sfiora neppure il contrario, per lui non è ammissibile che un gruppo di persone la pensi come Berlusconi e quindi lavori spontaneamente e volentieri negli unici mezzi di informazione dove è possibile sostenere le proprie tesi.
Avanti di questo passo il Pd chiederà l'interdizione dal voto per i tredici milioni di italiani che alle ultime elezioni hanno messo la croce sul simbolo del Pdl. Per i tre milioni di disgraziati corrotti e prezzolati che alle recenti europee hanno osato addirittura scrivere sulla scheda il nome di Silvio Berlusconi come candidato preferito, Bersani farà un esposto in tribunale (i pm amici non gli mancano) per chiederne l'arresto. La sinistra sogna un mondo dove non si possa parlare bene di Berlusconi, male di loro, di Fini, di Di Pietro. In compenso l'inverso deve essere un diritto garantito dalla Costituzione. Il concetto è simile a quello degli integralisti islamici che ogni tanto ci allietano con aerei e pacchi bomba nelle nostre città: noi esigiamo moschee e diritti in Occidente, voi cristiani se vi becchiamo a pregare Dio dalle nostre parti vi condanniamo direttamente a morte. Ma senza scomodare Bin Laden basta fermarsi a Romano Prodi. Sette giorni dopo essere stato eletto premier, licenziò sui due piedi il direttore del Tg1, Clemente Mimun, per fare posto all'amico Gianni Riotta e ai suoi editoriali filo governativi. Gentiloni, allora ministro delle Comunicazioni, nulla ebbe da obiettare. Anzi, sembrava pure contento, sia della scelta che degli editoriali. Oggi invece l'ex ministro grida allo scandalo perché su quella poltrona c'è seduto Augusto Minzolini, al quale il Pd vuole negare anche la possibilità di dire la sua. Il Garante delle comunicazioni, per quanto ne sappiamo, non è intenzionato a procedere sull'esposto targato Pd. Anche lui sarà di parte.
Oppure ha capito che è vero che Silvio Berlusconi ha un enorme conflitto di interessi, ma nel senso che ha gli stessi interessi del 35 per cento degli italiani. Si chiama democrazia e lei, caro Gentiloni Silveri, non può farci nulla. Si rassegni e cerchi almeno di essere un po' meno ridicolo.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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