In centotrenta rischiano il posto per lo «scoop» che non risulta

Ci sono centotrenta dipendenti a rischio licenziamento. Centotrenta dipendenti messi in pericolo da uno scoop giornalistico che potrebbe non essere confermato. Centotrenta dipendenti che hanno la sola colpa di lavorare per un’azienda che viene nominata nell’ordinanza del gip Roberto Fucigna relativa all’inchiesta sulle mense scolastiche genovesi.
Sono i lavoratori di Eco.Ge, azienda genovese che lavora nel settore edile e ambientale che, ieri mattina, sono entrati improvvisamente in stato d’agitazione dopo l’annuncio choc dell’amministratore della società che da un secondo all’altro aveva deciso la messa in liquidazione dell’azienda: «Sono stato tirato in ballo nell’inchiesta di Mensopoli ma non c’entro nulla - ha detto Gino Mamone ai suoi dipendenti -. Sono stanco di essere sempre messo in mezzo in scandali ed inchieste condotto da una certa stampa. A causa di questo accanimento ho deciso di chiudere la società».
Uno sfogo per scaricare la rabbia del momento dovuto anche al fatto che, come conseguenza di quel nome «buttato» sul giornale, poche ore dopo sia arrivata la richiesta all’azienda di ritirarsi da una gara d’appalto molto importante.
Poi, nella stessa mattina di ieri, l’intervento dei sindacati e la decisione dell’imprenditore calabrese di bloccare la messa in liquidità dell’azienda con la ripromessa di incontrarsi nei prossimi giorni. «La nostra società è completamente estranea ai fatti che gli sono stati imputati e non esiste alcun coinvolgimento di Eco.Ge in questa inchiesta» racconta l’avvocato Andrea Campanile. Ma allora perché in un passaggio dell’ordinanza del gip compare il nome di Gino Mamone che viene richiamato come «indagato in questo procedimento»? «Probabilmente un equivoco - prosegue il difensore della Eco.Ge -. Ho avuto un colloquio con i titolari dell’inchiesta che mi hanno assicurato come l’azienda non risulti essere indagata, così come il suo proprietario. Siamo estranei ad ogni cosa riportata dalla stampa».
Nello stralcio di intercettazione si faceva riferimento ad una telefonata tra Roberto Alessio, collaboratore di Claudio Fedrazzoni, e lo stesso Mamone, «ma non può corrispondere al vero che il soggetto interessato sia il mio assistito proprio perché si parla di una società con consiglio di amministrazione, mentre la nostra ha un amministratore unico». Negli articoli apparsi su alcuni quotidiani si parla anche di una connessione tra l’imprenditore di Eco.Ge e l’avvocato Massimo Casagrande, uno degli arrestati: «Casagrande non è mai stato avvocato dell’azienda né ha mai avuto rapporti con Mammone».
Quello che sta spaventando l’azienda genovese è la possibilità che queste voci la penalizzino sul mercato, un rischio non trascurabile per una società che, se in Liguria lavora molto su appalti pubblici, fuori regione ha lavori per la maggior parte con privati: «I nostri clienti sono al 95% privati che potrebbero risolvere i contratti con noi da un momento all’altro. Tra l’altro l’azienda gode di ottima salute ma certe notizie ledono all’immagine». Sul benessere dell’azienda scommette anche Venanzio Maurici della Fillea- Cgil che ieri mattina ha incontrato l’imprenditore calabrese: «Eco.Ge negli ultimi tempi è una delle poche imprese sulla piazza che assume -ricorda-. Il fatto che l’azienda stesse già avviando le procedure di licenziamento ci ha spaventato. Ora attendiamo di incontrare nuovamente Mamone per la sospensione della messa in liquidazione».


«Un attacco ingiustificato - ha ribadito l’avvocato Andrea Campanile- che segue già ad altre denuncie verso Gino Mamone che non hanno mai avuto riscontro in atti della magistratura. L’amministratore di Eco.Ge è incensurato, non ha nessuna pendenza e ha sempre agito per conto della società nella massima trasparenza».

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