Politica

Centralismo sindacale

Viene naturale la solidarietà per i lavoratori della Fiom-Cgil delusi da Guglielmo Epifani e Romano Prodi: si era promesso l'abolizione dello scalone della riforma Maroni e questo è solo rimandato di tre anni (al costo di 10 miliardi di euro e più in dieci anni), si era parlato di superare la legge Biagi e questa viene modificata solo per aspetti minimi (più i sacrosanti ammortizzatori sociali pagati però malamente tartassando i ceti medi). La rabbia dei metalmeccanici è giustificata dall'imbroglio. Ma i dirigenti della Fiom sono come i seguaci di Ned Ludd che difendevano il posto di lavoro distruggendo le macchine.
Non è opponendosi alla globalizzazione, alla flessibilità e modernizzazione che questa implica, che si difendono gli operai: così li si guida solo in una carica da cavalleria polacca contro tank tedeschi. Oggi i redditi da lavoro dipendente devono crescere. Ma la via è detassare (ben oltre le scelte del governo) gli straordinari, incrementare la contrattazione aziendale che distribuisca i frutti della crescita della produttività, verificare forme di partecipazione «operaia» alla proprietà. Inoltre va pensata un'organizzazione sociale che aiuti il lavoratore a lasciare le mansioni ripetitive. Salari e occupazione vanno gestiti in modo attivo, non rinchiudendosi dentro le false sicurezze della fabbrica con posto a vita. Al Nord, ma anche in tante aree del Sud una gestione attiva del mercato del lavoro è realistica: se si esce però dalla logica centralistica della Cgil.
E tutto ciò non è possibile sotto la guida di Romano Prodi e Guglielmo Epifani, incapaci di affrontare battaglie sotto le bandiere della verità: la loro politica economica e del lavoro sono gli imbroglietti, i provvedimenti che passano in notti buie dove tutte le vacche sono grigie. Questa via non porta da nessuna parte perché ogni battaglia riformista ha bisogno di basi sociali e o le costruisci con «la verità» mobilitando nel nome di questa le forze che scelgono lo sviluppo, o sarai costretto a cercarti supporti che poi faranno affondare tutta la nave. Nel caso di Prodi e ancora di più di Epifani il convitato di pietra della beffa ai metalmeccanici, è il pubblico impiego, dove, alla faccia delle esigenze di riduzione della spesa, viene man mano tolto ogni tipo di flessibilità e sono all'orizzonte nuovi aumenti di stipendio. D'altra parte senza il pubblico impiego, Epifani è finito come segretario della Cgil.
Questo del lavoro è un terreno dove grazie a Roberto Maroni, Maurizio Sacconi, Giulio Tremonti e all'impostazione di Marco Biagi, il centrodestra ha le carte in regola. Vi sono, poi, sindacati, come la Uil, la Cisl e qualche categoria «riformista» della Cgil, pronti a fare la loro parte. I pasticci combinati con Cgil e Prodi, saranno superati dalla Confindustria postmontezemoliana. Bisogna, però, mantenere una visione alta del problema, capace di dominarne le contraddizioni.

In questo senso sarebbe utile che molte persone, in contrapposizione alla manifestazione dell'estrema sinistra anti-flessibilità, partecipassero all'iniziativa sulla Biagi indetta da Giuliano Cazzola, collaboratore e amico del professore assassinato dalle Br, il 20 ottobre a Roma, al cinema Capranica.
Lodovico Festa

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