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Cgil, così Epifani aiuta i suoi precari: salvi i dirigenti che li sfruttano

Dopo la denuncia di una lavoratrice raccontata dal "Giornale" si dimette solo uno dei responsabili. La Fiom: "Inaccettabile". Pronto il sit-in contro il leader. Alla Camera interrogazione Pdl: "Ora monitoraggio sulla regolarità dei contratti". E il sindacato copia i "padroni": a casa la lavoratrice molestata

Cgil, così Epifani aiuta i suoi precari: 
salvi i dirigenti che li sfruttano

Roma Di lavoratori che si incatenano ai cancelli ce ne sono migliaia ogni mese. È una di quelle scene che, secondo molti, non fa più notizia. Che il sit-in avvenga davanti al congresso di un sindacato, invece, è un inedito. A rendere ancora più inusuale la protesta annunciata da qualche decina di lavoratori, il fatto che, questa volta, il ruolo del datore cattivo sia toccato alla Cgil. Il sindacato della sinistra, la sigla più intransigente quando si tratta di denunciare precariato e licenziamenti ingiusti, si appresta ad aprire il XVI congresso. I delegati, all’ingresso dell’assise di Rimini, si ritroveranno a dove passare tra dipendenti ed ex dipendenti Cgil che hanno aperto con la confederazione una vertenza di lavoro. E quindi accusano il sindacato di avere violato le regole che dovrebbe difendere. Da decidere le modalità della protesta, probabilmente le catene. Di sicuro sullo striscione scriveranno un esplicito: «Ignorateci adesso!».
Se non è un’epidemia, poco ci manca. I casi «sindacalisti atipici», si sono moltiplicati. Tutto è iniziato con Simona Micieli, la precaria della Cgil che ha fatto causa al sindacato per maltrattamenti e ha chiesto più di 400 mila euro tra danni morali e mancati compensi. La sua storia, raccontata dal Giornale, è diventata di dominio pubblico e sono arrivate le prime conseguenze. Il segretario comprensoriale della Cgil del quale era stata registrata una telefonata nella quale diceva alla giovane dipendente del patronato che, se avesse preteso il rispetto dell’orario di lavoro, se ne sarebbe potuta andare, si è dimesso. Certo, restano al loro posto i dirigenti Cgil che hanno tenuto per anni Simona a passare pratiche per la pensione con uno «stipendio» 250 euro al mese. E per questo i precari Cgil dicono di non essere soddisfatti.
Ma qualcosa si è mosso. Anche dentro la Cgil nazionale, che ufficialmente non ha fatto trapelare niente. «Conosco bene il caso», conferma invece Giorgio Cremaschi della Fiom. L’esponente della sinistra interna nella versione più intransigente, la Rete 28 aprile, non ammette che un fatto del genere possa essere considerato fisiologico, «È grave, scandaloso e credo che sia inaccettabile. Dico solo questo», ci liquida.
Si è mosso qualcosa anche in Parlamento. Il deputato Aldo Di Biagio che ha fatto un’interrogazione al ministro del Lavoro Maurizio Sacconi che sa di nemesi politico-sindacale. L’esponente Pdl ripercorre il caso di Simona e chiede che si avii un «monitoraggio circa la regolarità contrattuale dei profili occupazionali operanti presso le strutture sindacali». Un politico di centrodestra che si fa carico dei diritti di lavoratori, di sinistra, dipendenti di un sindacato, di sinistra, accusato di non rispettare i diritti dei quali, in altre sedi, pretende un rispetto integrale.
Biglietto da visita poco piacevole per il primo maggio e per l’imminente congresso Cgil, dedicato a «lavoro e diritti». Una contraddizione che non è sfuggita agli ex precari della Cgil, che ora stanno pensando di costituire un comitato. Un sindacato nel sindacato. Ci sarà Alessandra M., ex segretaria di un centro studi della Cgil siciliana, che ha deciso di unirsi alla collega calabrese, visto che denuncia una storia che sembra la fotocopia di quella di Simona, anche se il suo precariato è durato molto meno. È ancora comunista e - spiega «credo nel sindacato», ma le promesse di assunzione non mantenute gli hanno fatto crollare i suoi progetti. C’è poi un’impiegata amministrativa con un contratto a termine non rinnovato a Venezia. Niente di strano, se non fosse che lei sostiene che il suo contratto a termine non rientrava tra i casi previsti dalla legge.
Poi Caterina M. e Paolo F. sempre della Cgil Calabrese. Altri sette arriveranno dal Trentino e poi dalla Puglia, sulla scorta di un altro caso segnalato dal Giornale: quello di una società che fa capo alla Cgil che esternalizza e precarizza i propri dipendenti.
Storie di lavori discontinui, regole che valgono a intermittenza e vite compromesse, come quelle che si leggono spesso sui giornali e si vedono nelle trasmissioni televisive. Mai però, con il sindacato nel ruolo del «cattivo».

Almeno fino ad oggi.

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