Champions, vale la pena provarci Ma il Milan pensa allo scudetto

Vale la pena provare. «Non sarà una impresa storica» scommette Allegri deciso a cancellare dall’agenda della vigilia ogni aggettivo che sappia di eccessivo, di eroismo calcistico. Vale la pena tentare la disperata rimonta, stasera al White Hart Lane di Londra, tana suggestiva del Tottenham dove aspettano Flamini, vecchio cuore Arsenal, per regolare qualche conto. Vale la pena perché l’impresa è di quelle che possono lucidare il blasone continentale del Milan e perciò solleticare l’orgoglio della vecchia compagnia di giro, da troppo tempo (dal 2007 in pratica) uscita di scena agli ottavi, che è un’altezza del torneo poco onorevole per il club più titolato al mondo e dotato del maggior numero di trofei internazionali dalle parti di Milano (pardon dottor Moratti) e Lombardia. Vale la pena provare anche se l’obiettivo tricolore, per una volta, resta al primo posto come confessa in privato Adriano Galliani e in pubblico Silvio Berlusconi, il presidente: l’eliminazione non sarebbe una tragedia.
Vale la pena perché nel frattempo il vecchio Milan, leader del campionato, può recuperare alla sua causa sia Pato (tra i più osannati ieri pomeriggio alla Malpensa prima della partenza) che Boateng con la caviglia d’acciaio (lui o Merkel è l’unico dubbio coltivato da Allegri) mentre a guidare il centrocampo può salire in cattedra il professore (definizione di Berlusconi) e cioè Clarence Seedorf, da molti di noi ribattezzato l’ambasciatore per la sua nota passione per le buone cause internazionali. All’andata ci fu anche la necessità di destinare Thiago Silva più avanti nella speranza che potesse rammendare il gioco e sostituire senza imbarazzo alcuno Pirlo e Ambrosini, ieri in viaggio con la squadra per dimostrare la loro fede. «La squadra ora sta bene fisicamente e mentalmente» informa Allegri ed è questo lo spunto con cui alimentare l’ottimismo personale del livornese. «Non dovremo commettere gli errori fatti all’andata» è il suo primo avvertimento che tradotto vuol dire: attenti a non concedere il contropiede a Lennon e soci. Fu decisivo nell’inchiodare lo 0 a 1 dell’andata, dopo l’assalto garibaldino al fortino del brasiliano Gomez, vecchio rivale dei tempi belli del Psv.
Vale la pena provare a risalire la china anche per capire da vicino le difficoltà patite dall’Inter, sotto di 5 punti, ma sempre davanti nelle attenzioni dei media, nelle scommesse degli addetti e nei titoloni dei giornali specializzati. «Dobbiamo giocare da squadra, non sarà la partita dei singoli» è il secondo consiglio per la qualifica firmato da Allegri, destinato forse alle orecchie dello stesso Pato o di Robinho, rimesso in pista per apparecchiare un trio d’attacco che possa mettere a nudo la fragile organizzazione difensiva inglese. «É stato giusto fermarsi a Torino, dopo aver battuto la Juve siamo ancora più motivati» l’impressione del Papero. L’altro destinatario è Ibrahimovic, assalito dai soliti pregiudizi che parlano di lui come di un eversore decisivo nelle contrade italiane e mai in quelle europee ricordando i trascorsi juventini e (in particolare) interisti. Al Milan la musica è stata diversa già nel girone iniziale: due squilli all’Auxerre per cominciare, poi stoccata all’Ajax, quindi petardo sotto la traversa in Francia. La prima qualifica fu anche merito dei suoi 4 gol che attendono ora un replay. Pato ha in testa un cesto di riccioli e nelle gambe la velocità per dare un senso al viaggio londinese che i pronostici accreditano di scarso profitto.

Solo una volta, in carriera, al Milan capitò di ribaltare in trasferta, al ritorno, la sconfitta dell’andata e il precedente si perde nella notte dei tempi, anno 1955, prima partita in assoluto della coppa dei Campioni, in panchina il compianto Ettorazzo Puricelli. Vale la pena, alla fine, inseguire anche la cabala prima di capire se resta solo il duello con Leonardo.

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