nostro inviato a Bruxelles
Si chiama in diversi modi: «sconto inglese» da noi; «rebate» a Londra; «cheque britannico» a Parigi. Ma è sempre la stesso macigno che da 6 mesi blocca il budget pluriennale della Ue che, per la prima volta, deve considerare versamenti ed esborsi per 25 e non per più solo 15 soci.
La storia di questo vero e proprio «tesoretto», perché di quattrini e tanti, si tratta, nasce nel vertice del 1984 a Fontainebleau, in Francia. Davanti agli attoniti e imbarazzati Mitterrand e Kohl, la combattiva premier inglese Margaret Thatcher esplose in un urlo di protesta: «Io non voglio i vostri soldi! Io voglio indietro i miei!». La Gran Bretagna era reduce da un lungo periodo di crisi culminato nella retrocessione al 5° posto al tavolo dei 7 grandi di allora, superata dallItalia di Craxi. Versavano parecchio gli inglesi a Bruxelles, riottenendone però poco, in quanto il 60% del budget comunitario era allora riservato alla politica agricola.
La Thatcher minacciava di uscire dalla Ue sbattendo la porta. La convinsero a rimanere garantendole appunto lo «sconto»: una cifra da calcolare percentualmente ogni anno sul totale dei versamenti che, da allora, le sarebbero stati restituiti. Il problema è che dalla metà degli anni 80 la Gran Bretagna ha ripreso a crescere, e sono cresciuti di molto anche i contributi dei soci alla Ue. Per cui ogni anno finivano a Londra somme crescenti, pagate dagli altri pur di tener fede allimpegno strappato dalla Thatcher: dai 4,6 miliardi di euro rientrati a Londra ogni anno tra il 97 e il 2003 (a parte altri contributi), si è arrivati ai 5,3 miliardi di euro del 2004 agli oltre 7 da mettere in preventivo da qui al 2013. Una somma che attualmente dovrebbero dividersi, per effettuare i pagamenti a Blair, ben 20 dei 25 Paesi dellUnione.
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