Cronaca locale

Che Guevara, i mille volti di uno scatto

Ripercorsa la storia e l’incredibile diffusione della celebre fotografia scattata da Alberto Korda il 5 marzo 1960

Che Guevara, i mille volti di uno scatto

Il Che sulle magliette, il Che sulle copertine, il Che culto kitsch sugli scaffali dei grandi magazzini, poster, cartoline, bandiere, murales, matrioshka. Da anni l'inconfondibile immagine del guerrillero heroico è ovunque. È la più conosciuta e la più riprodotta nella storia della fotografia. Un destino singolare, contraddittorio segna quell'immagine, passando attraverso universi simbolici differenti. Forse troppo spesso distanti dallo scatto del fotografo Alberto Korda, che il 5 marzo 1960 immortalò il Che Guevara mentre saliva sul podio durante il funerale di circa 140 cubani uccisi da un'esplosione. Korda, fotografo personale di Fidel Castro, era stato ispirato dall'intensità dell'espressione del Che, encabronado y dolente, corrucciato e triste, per il primo piano di quel viso che presto divenne un'icona. Quello che successe alla fotografia dal momento in cui fu scattata a oggi è storia complessa, contraddittoria, ora - a quarant'anni dalla morte del Che - oggetto di una mostra itinerante che dopo New York è alla Triennale Bovisa da martedì al 16 settembre.
Che Guevara: rivoluzionario e icona. The Legacy of Korda's Portrait, a cura di Trisha Ziff, esamina la straordinaria potenza di quell'immagine attraverso la storia della sua diffusione.
Si indaga su uno scatto che ha attraversato diversi momenti storici, cristallizzando tante battaglie, dall'antiamericanismo alle lotte per l'identità latinoamericana, fino alle battaglie studentesche, alla rivendicazione dei diritti omosessuali. Ma nel gioco perverso delle ideologie ha via via mostrato qualche crepa diventando sempre più bandiera sventolata da chi, in fondo, del Che oggi non sa nulla. Se non che, certo, è un ottimo pretesto. Un formidabile cuneo levigato da frapporre nei meccanismi sociali, un sasso contro una vetrina, un desiderio estremo di urlare, farsi sentire dopo che ogni strada percorsa, ogni ambizione si è spenta in gola. Rivedere la foto di Korda è anche tutto questo. Gli ultimi brandelli delle ideologie che si schiantano. Per questo diventa proprio più intrigante indagare su percorsi estremi artistici e non politicizzati. Su quanto questa stessa immagine abbia animato opere della Pop art, oggetto di caricature e parodie. Se non fosse che anche qui tanti, troppi, hanno utilizzato e interpretato la foto di Korda, praticamente sconosciuta prima di essere riprodotta in Italia in occasione della morte del Che, divenendo all'improvviso in tutto il mondo l'icona della rivolta studentesca del '68. Già perché il fotografo di Castro non pretese alcun diritto, né alla Feltrinelli che la espose alla Fiera del libro di Francoforte, né alle continue manipolazioni e interpretazioni della sua immagine. «Con divertito distacco - commenta Davide Rampello, presidente della Triennale - Alberto Korda ha assistito alle continue manipolazioni della sua immagine, affermando con il suo partecipe silenzio che le grandi idee, e quindi le grandi immagini, sono nell'aria, appartengono a tutti, volano libere e si posano ovunque trovino menti aperte, disposte ad accoglierle e custodirle».
Così oggi quel primo piano viene immediatamente riconosciuto, sia che venga utilizzato in una sofisticata opera d'arte, come immagine «radical chic» o come oggetto di una parodia.

In mostra le opere di vari artisti tra cui Vik Muniz (Stati Uniti/Brasile), Pedro Meyer (Messico), Martin Parr (Inghilterra), Marcos Lopez (Argentina), Annie Leibovitz (Stati Uniti), i famosi poster originali concessi in prestito dal Center for the Study of Political Graphics di Los Angeles e oggetti vari tra cui banner e cimeli del Che.

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