«Che Milan con Beckham! L’Inter potrebbe far meglio»

A memoria non ricordo un allenatore che abbia portato allo scudetto una squadra reduce da due campionati fallimentari: decima con Sacchi, undicesima con Capello, mica due sconosciuti. Alberto Zaccheroni da Meldola c’è riuscito alla guida del Milan nel 1998-’99, l’anno del centenario rossonero. Clamorosa la rimonta sulla Lazio concretizzatasi con 7 vittorie nelle ultime 7 partite, l’ultima a Perugia dove Galliani rischiò la pelle per la gioia. Impresa mai apprezzata abbastanza, da allora il club di via Turati ha fatto festa in Italia solo un’altra volta. Il tecnico romagnolo firmò successivamente un brillante terzo posto prima di venire cacciato in diretta tv da Berlusconi che non gli perdonò mai di aver schierato la difesa a 3. A distanza di due anni tornò a Milano per allenare l’Inter portandola dall'ottavo posto alla qualificazione in Champions League con 7 vittorie nei primi 8 incontri. Poi Moratti gli preferì Mancini nonostante la difesa a spada tratta di Facchetti. Alla vigilia del derby, che finalmente profuma di scudetto, Zac si confessa milanista, ma lascia alla capolista il pronostico.
Più Inter che Milan nonostante gli ultimi risultati, perché?
«Mi chiedo. Basteranno il gioco, l’entusiasmo e la tecnica dei rossoneri a fronteggiare l’equilibrio, la fisicità e il carattere dei nerazzurri? A priori rispondo di no. Ma va tenuto conto di altre variabili. Mourinho ha qualche problema a centrocampo, mentre Leonardo ha sfruttato l’infortunio di Pato e il ritorno di Beckham per migliorare l’assetto tattico».
Vuol dire che il Milan è più forte senza Pato?
«Non mi fraintenda. Pato è un fuoriclasse, ha talento da vendere, si contano sulle dita di una mano quelli come lui. Ma la sua assenza, sommata a quella di Seedorf, ha permesso all’allenatore di rispolverare il 4-4-2, rinforzare il centrocampo e proteggere la difesa».
E quando Pato sarà nuovamente disponibile?
«Io l’avrei un’idea, ma va probabilmente nella direzione opposta a quella di Leonardo. Giocherei a tre in difesa per lasciare quattro uomini in mezzo al campo dietro a Ronaldinho, Borriello e Pato che possono risolvere qualsiasi partita. Se hai un centrocampo forte, puoi vincere il campionato, altrimenti rischi di fare grandi cose solo a sprazzi. Con Nesta non avrei problemi. E poi...».
E poi?
«Ci vuole gente forte sulle fasce per allargare il gioco e costringere le difese avversarie ad aprirsi. L’Inter lo fa a destra con Maicon. Il Milan ha trovato in Antonini e Abate due corridori formidabili, che vanno avanti e indietro senza accusare la fatica».
E Zambrotta? E Jankulovski?
«Più mestiere, meno corsa. Bisogna chiedersi cosa serva maggiormente alla causa. Nel calcio moderno gli esterni sono fondamentali, è dura fare gol per vie centrali. Con Maldini e Cafu il Milan ha scritto pagine straordinarie. Ai miei tempi avevo puntato sulle volate di Helveg e Guly che non erano fenomeni, ma servivano ad aprire le maglie degli avversari».
Con Berlusconi non s’è lasciato bene...
«Ma io rispetto il pensiero di tutti, figurarsi quello del presidente che ha la massima facoltà di cambiare l’allenatore se non lo ritiene di suo gradimento. Sgomberiamo però il campo dalle leggende metropolitane. Non è vero che Berlusconi abbia avuto da ridire sulle mie idee politiche o calcistiche. Al Milan sono sempre stato un uomo libero».
Torniamo all’Inter...
«È squadra solida, potente, dall'autostima perfino esagerata, giusto l’opposto del Milan per il modo di intendere e sviluppare il gioco. Con gli uomini che ha, potrebbe fare meglio. Ma Mourinho la pensa in un altro modo, a lui non interessa fare la partita, per lui il centrocampo non è il settore cruciale. In Italia va benissimo, in Champions League meno».
Si spieghi meglio.
«I grandi club europei non buttano mai via la palla, la gestiscono all’eccesso, come il Barcellona. L'Inter si basa sui singoli, l’esempio più illuminante è stato Ibrahimovic, non punta sulla manovra. A centrocampo il tecnico portoghese fa giocare Zanetti, che è un professionista esemplare, ma su dieci palloni, uno ne porta avanti, uno lo passa indietro e otto in orizzontale. In pratica lo usa per coprire Maicon, micidiale nei suoi allunghi sulla fascia destra dove l'Inter sviluppa la maggioranza delle azioni offensive. Capita così che i compagni di reparto si trovino spesso in inferiorità numerica nonostante la saggezza di Cambiasso, il talento di Stankovic, il movimento di Sneijder».
Con lui ha anche avuto da dire...
«In realtà è stato lui ad aggredirmi dopo le sfide con il Barcellona. Avevo detto, io come altri, che l’Inter aveva deluso sul piano del gioco. Mi ha rinfacciato la sconfitta subita a San Siro dall'Arsenal, ma si era dimenticato, forse perché male informato, che con il Milan avevo vinto per 2-0 a Barcellona».
Da un paio di anni non allena più, che vuol fare da grande?
«Mi manca il calcio con tutti i suoi ingredienti più veri, non vedo l’ora di tornare. Mi spiace che qualcuno vada in giro a dire che non ho più voglia di allenare o che costo troppo.

Balle».
Le piacerebbe prendere il posto di Lippi dopo il Mondiale?
«Sarebbe il coronamento di una carriera, penso di averne i titoli. C’ero andato vicino nell’estate del 2006. Ma la Federazione preferì Donadoni».

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