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Che triste se a fare lo psicologo ci si mette il "dottor internet"

Nella psicoterapia il rapporto personale, diretto, è fondamentale. ma ora cerchiamo di annullarlo perché abbiamo sempre più paura del nostro corpo

Che triste se a fare lo psicologo 
ci si mette il "dottor internet"

Non scandalizziamoci. Non è poi così strano che si proponga la psicoterapia via Internet come più comoda, e forse più funzionale, della seduta faccia a faccia, lettino freudiano o poltrona junghiani non ha importanza. In fondo il professor Umberto Veronesi non ha appunto presentato l’inseminazione artificiale come un passo avanti rispetto al fare all’amore tradizionale, corpo a corpo, e non vagina a provetta?
La questione, in fondo, è sempre questa. C’è uno schieramento forte nelle «professioni d’aiuto» (le cosiddette helping professions, dal medico allo psicologo, all’assistente sociale), che ritiene che il corpo, e la relazione personale, fisica tra i due - chi chiede ascolto e chi lo dà - abbia una scarsissima importanza, o sia addirittura d’ingombro. Naturalmente questa opinione è massicciamente appoggiata e sostenuta da tutti i fabbricanti di prodotti destinati alla terapia, dai raccoglitori-coltivatori di sperma e organi riproduttivi ai produttori di programmi computerizzati per la gestione delle sedute virtuali. E, in fondo, non è poi un fenomeno così diverso dai ragazzi, che invece di camminare mano nella mano in un giardino (o nei prati, là dove ancora esistono), si scambiano un Sms, invitandosi su Facebook o qualche altra web community.
Il fatto è che, in mezzo a tutto questo parlare e straparlare di sesso, ci si allontana sempre di più dal corpo dell’altro, dal suo sguardo, dalla voce, dalle mani. La verità è che l’«individuo tardo-moderno» è pieno di fobie nei confronti della fisicità, della natura, dei corpi. Siamo terrorizzati dagli acari e dai batteri, ma anche dai corpi umani. Dietro le roventi polemiche politiche della primavera-estate sotto il segno di Noemi c’è anche questo: il corpo è diventato uno scandalo. Se si organizza un’intera campagna elettorale su un paio di ragazze non è solo perché a sinistra qualcuno è impazzito, ma anche perché il corpo, specie se dotato di qualche attrazione, è diventato inquietante nell’inconscio collettivo. Del resto il fenomeno era già stato annunciato da una serie di «scandali psicoanalitici» riferiti ai padri della terapia del profondo, dove il loro coraggio di esporsi in prima persona nella relazione è stato presentato come abuso e seduzione, sulla base di scritti autobiografici dei malati, anche quando contraddetti da ogni testimonianza.
Su questo però la posizione dei padri della psicoanalisi è fermissima: al centro della terapia è proprio, ed essenzialmente, la relazione. Ad aiutarti, farti star meglio, forse guarirti, è proprio il fatto di incontrare l’altro, il terapeuta, che ti ama, tiene per te, alla tua guarigione, ti guarda, ti conosce, e si offre personalmente, senza schermi e difese al tuo sguardo e alla tua voce. Questa sua disponibilità a «correre il rischio» di una relazione umana autentica, intera, non libresca né medicalizzata né virtuale consente all'analizzando di mettersi davvero in gioco, senza nascondersi dietro il proprio «male» e i propri sintomi, ma come persona che accoglie l’aiuto dell’altro, lo chiede per stare meglio, per cercare la propria possibile felicità.
La psicoanalisi non è una tecnica (anche se ne possiede più d'una, anche diverse tra loro), è un incontro. Tra due persone, che si presentano col loro corpo importantissimo, significativo, eloquente (anche dal punto di vista prognostico, cioè del: come finirà). Insomma una roba umana, troppo umana (direbbe qualcuno), indecentemente umana. Allora ripuliamola, rendiamola più asettica, più politicamente corretta, facciamo sparire questi corpi, questi sguardi, queste mani, coi loro inquietanti linguaggi, significati, speranze. Facciamo un bel programmino, per Windows, e anche per Mac, perché anche gli elegantoni hanno le loro nevrosi. Dài, di corsa, tutti in rete, dall’analista Web.

Tanto, tra i ragazzi, se qualcuno ha una vera vocazione terapeutica, con la sua inevitabile dose di trasgressività, farà l'hacker, non certo il burocrate dell’inconscio via web.

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