Cronaca locale

«Chi attacca me vuole attaccare la Lega»

Marcello Chirico

In ferie, ma coi nervi scoperti. La conferma che in Regione Lombardia non regni un clima idilliaco e che le tossine non siano state affogate nell’acqua di mare arriva dall’intervista rilasciata ieri a «la Padania» proprio dall’assessore alla Sanità (ed ex capogruppo alla Camera) Alessandro Cè, colui che in questo momento catalizza su di sé le maggiori tensioni della maggioranza, pronta a scaricarlo a settembre col consenso della stessa Lega (se Bossi darà il proprio assenso). I motivi sono noti: un carattere non proprio diplomatico e la continua volontà, da parte dell’assessore lumbard, di rompere su quasi tutti gli argomenti in discussione, da quelli di stretta competenza sanitaria a tutti gli altri.
«Sul fatto che io non abbia un bel carattere possiamo anche essere d’accordo - ammette Cè - ma lo utilizzo solo per portare avanti un disegno di cambiamento: le mie battaglie sono per moralizzare la vita pubblica. Se l’accusa che mi viene mossa è fatta per stigmatizzare la mia coerenza politica, allora sono fiero di avere un pessimo carattere». Quanto poi agli scontri sulle competenze, l’assessore ammette pure quelli, determinati secondo lui soltanto dal fatto che «qualcuno è ancora legato alla lottizzazione partitica, mentre su queste cose io sono intransigente». Nessuna volontà da parte sua di andare allo scontro frontale, «ma la Lega - punta i piedi Cè - rivendica il diritto di poter dire la sua su tutto». Per esempio, sulla nomina di nuovi commissari nelle Asl, tema che ha determinato l’ultimo scontro in giunta prima della pausa estiva. «Dire che volessi nominare persone a me vicine è una pura illazione per darmi contro: rivendico il diritto di proporre dei nomi poiché conosco da vicino le singole realtà locali. Attaccare me significa però provocare la Lega: il problema è meramente politico. Ma c'è anche qualcosa di personale, perché io non amo i compromessi e prediligo parlar chiaro».
Quanto al suo futuro, Cè non prevede un ritorno a Montecitorio («perché la Lega mi ha chiesto di fare l’assessore qui»), da dove si dimetterà solo quando riceverà comunicazione di doverlo fare da Roma e dalla Regione: «Penso - dice - che arriverà a settembre, però vorrei chiarire che non percepisco il doppio stipendio». E probabilmente si dimetterà pure da consigliere provinciale a Brescia, visto che ha continuato a mantenere anche quella carica. «Non esiste comunque il problema di trovarmi qualcosa da farmi fare - puntualizza -, perché ho scelto di fare politica solo per spirito di servizio».
Dichiarazioni, quelle rilasciate da Cè a «la Padania», che confermano l’esistenza di un serio problema di rapporti politico-personali all’interno della giunta regionale. Ne sono consapevoli gli stessi vertici del Carroccio, dibattuti ora su come uscire dall’empasse: il segretario federale Giorgetti, meno incline ad assecondare le richieste di Formigoni, desidererebbe che fosse il ministro Roberto Calderoli (meglio disposto nei confronti del governatore) ad occuparsi della questione Cè e a farla rientrare. Anche perché Bossi, informato della faccenda, pare abbia dato già un primo parere negativo sulla sostituzione dell’assessore.

Ma Formigoni sta lavorando per convincerlo.

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