Chiamatela come volete ma questa è crisi

I n campionato il Milan non vince dal pomeriggio afoso del 26 agosto, debutto promettente: 3 schiaffi al Genoa neo-promosso prima di trasferirsi in costa azzurra a collezionare l’ennesimo trofeo continentale, la supercoppa d’Europa. Da allora, dentro meccanismi collaudati e una squadra appesantita dagli anni e dalla gloria, è successo qualcosa di grave: un cortocircuito, probabilmente. Nel mese di settembre gli stenti rossoneri sono sotto gli occhi di tutti: 4 punti in 5 partite, un parziale da zona retrocessione. L’unica serata felice in Champions league contro il tenero Benfica, martedì 18 settembre. È un caso? Non proprio. Specie se durante tutta l’estate, Berlusconi e Galliani ripetono in modo ossessivo la graduatoria degli obiettivi cari alla real casa. Lo scudetto, dalle parti di Milanello, è buon ultimo dopo mondiale per club, Champions e supercoppa d’Europa. Sette i punti di distacco dalla vetta e dall’Inter: al culmine di sei giornate il Milan è già fuori dai giochi tricolori. Ad anni luce di distanza dalla cadenza con cui l’armata di Moratti si libera della Roma, anni luce dal suo gioco fatto di duelli, dalla gagliardia fisica, dalla mostruosa bravura del suo leader, Ibrahimovic. Per non turbare alcuno dei campioni d’Europa, invece di chiamarla crisi, chiamiamola Genoveffa ma la sostanza è identica. Drizzano le antenne quando sentono la musichetta dell’Uefa. Mercoledì rimettono piede in Champions, a Glasgow: è la prova del nove.
Proviamo a cancellare qualche luogo comune a proposito del Milan. Se la prendono con i centravanti, oggi Inzaghi, domani Gilardino, ma è la lentezza della manovra d’attacco, a volte scontata, a rendere didascalica la difficoltà nel farsi largo in casa, terzo pareggio consecutivo ieri. I buchi in difesa sono più inquietanti dei silenzi di SuperPippo e soci. E il suo calendario non è certo spietato e feroce come quello apparecchiato dal dg della Lega Brunelli per Spalletti. La Roma ha un colpevole da mettere alla sbarra, Giuly ma c’è dell’altro: per esempio Perrotta e il francesino rimasti a guardia del bidone sul calcio d’angolo sbavato da Totti, con tutti i difensori sbilanciati in avanti. A Mancini si può dire tutto, vede complotti (opinionisti tv e giornali) e nemici (Spalletti) ovunque, ma quando c’è da dichiarare finita la ricreazione, sa bene dove mettere le mani in una squadra dalle provviste sontuose. Prima di aspirare a qualche riconoscimento solenne, Ibrahimovic faccia gol anche in Europa. La sfida col Psv arriva al momento giusto: ha un piede ferito, recupera sicuro. Più complicata la missione della Roma a Manchester dove perse l’onore, qualche mese fa.
Bentornato ad Antonio Cassano.

Ci vuole fede, per risalire la china. La fede di Mazzarri, ringraziato in pubblico dal barese con un abbraccio. La fede del nostro che sta per tornare calciatore. Donadoni è soddisfatto. Non è escluso che lo chiami già da Genova, contro la Georgia.

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