Chiasso: "Niente da dichiarare"  In valigia hanno 96 miliardi di euro

Due giapponesi fermati alla dogana di Chiasso con titoli Usa pari a 7 volte l’ultima finanziaria

Chiasso: "Niente da dichiarare"   
In valigia hanno 96 miliardi di euro

nostro inviato a Como

Il Grande Colpo finisce su un marciapiede della stazione di Chiasso, alle due e mezza di un pomeriggio di sole. Ai due businessman con gli occhi a mandorla si affiancano due finanzieri in divisa grigia. È una specie di duello silenzioso, quello che si combatte accanto ai binari. Da una parte i due giapponesi che mettono in campo tutta la loro arte di passare inosservati, scivolare via, rendersi invisibili. Dall’altra l’eterno alleato di ogni sbirro: il fiuto, il senso che ti fa sentire nell’aria che qualcosa non va, che un dettaglio non è come dovrebbe essere, che una narice freme invece di stare ferma. A volte vincono i cattivi. A volte no. Mercoledì pomeriggio, alla stazione di Chiasso, vincono i finanzieri. Le valigie dei due vengono aperte. E insieme alle valigie i due militari spalancano lo scenario di un giallo internazionale. Traffico di titoli, falso, truffa, chissà di cosa diamine stiamo parlando. L’unica certezza è che il colpo era colossale. E ricorda quanto tumultuoso sia il fiume degli affari sporchi che giorno per giorno incrocia il corso dell’economia pulita, mischiandosi ad essa e producendo utili fantasmagorici.
La notizia viene diramata la sera di giovedì. Ed è così enorme - nelle sue cifre - che i giornali di ieri quasi non se ne accorgono. Perché il comunicato congiunto delle Dogane e delle Fiamme gialle parla di un sequestro da 134 miliardi di dollari. A tanto ammontano i titoli di Stato americani che saltano fuori dalle valigie dei due giapponesi, quando la Finanza le apre e ne smaschera - sotto le camicie ed i pedalini - il doppio fondo. 134 miliardi di dollari sono 96 miliardi di euro. L’equivalente di sette volte l’ultima legge finanziaria. Se i bond americani fossero buoni, solo a titolo di sanzione per l’esportazione clandestina lo Stato italiano potrebbe intascarsene il 40 per cento. 38 miliardi, euro più o meno. Roba da ricostruirci cinque volte l’Abruzzo.
Ma sono buoni, o sono fasulli i bond sequestrati ai due giapponesi in giacca e cravatta? A lasciare esterrefatti è, insieme al valore complessivo del malloppo, il valore facciale dei titoli nascosti sotto le mutande. In una valigia, quella del giapponese più giovane, ci sono 249 obbligazioni della Federal Reserve americana da 500 milioni di dollari ciascuna. Nell’altra, solo dieci pezzi: «Kennedy Bond», altri titoli di Stato a stelle e strisce. Ma ognuno ha il valore nominale di un miliardo di dollari. I finanzieri non credono ai loro occhi. «One billion dollars». Possibile?
No. Probabilmente non è possibile. Il giorno dopo, a Como, i finanzieri non si sbilanciano. Ma in cuor loro sono convinti che alla fine si scoprirà che i titoli sono falsi. Ma l’inchiesta non finisce qui. Anzi. Perché se i bond americani sono buoni, allora siamo davanti ad un clamoroso caso di esportazione di valuta. Ma se invece sono dei falsi, allora bisogna dire che sono dei falsi fatti dannatamente bene. Soprattutto i 249 pezzi da 500 milioni sono roba da professionisti: filigrana di alta qualità, nessuna sbavatura. Un lavoro che solo una band internazionale è in grado di mettere in piedi, come primo passo di una stangata memorabile.
E poi ci sono loro. I giapponesi. Di truffatori - di «zanza», come li chiamava il gergo della malavita milanese - sulla frontiera italosvizzera ne sono circolati di tutte le razze e di tutti gli accenti. Da sempre. Ma invano si frugherebbero gli annali della cronaca nera alla ricerca di due «zanza» venuti dal Giappone. Una connection internazionale dai contorni inediti prende forma in queste ore nel fascicolo aperto dalla Procura di Como.
I due giapponesi - questa è finora la ricostruzione possibile - incontrano il loro «carico» a Milano nel pomeriggio di martedì, o forse mercoledì mattina. Di sicuro, martedì sera i due dormono in un albergo del centro. La mattina successiva, con le due valigie truccate, si imbarcano alla volta della Svizzera. Potrebbero salire su un Intercity in partenza dalla Stazione Centrale che li sbarcherebbe direttamente a Lugano. Invece vanno a Porta Garibaldi, una stazione da pendolari, e prendono un treno da pendolari che si ferma a cavallo della frontiera. Il regionale 10854 delle 13,38, una specie di diligenza elettrica che ferma in tutte le stazioni - Lentate, Carimate, Cermenate, Cucciago eccetera - e impiega un’ora e sei minuti per arrivare al confine. Ai due giapponesi, evidentemente, importa più passare inosservati che fare in fretta.
E invece, arrivati a Chiasso, inosservati non riescono a passare. La frontiera, ormai, ufficialmente non è più presidiata, da quando la Svizzera ha aderito agli accordi di Schengen. Ma i finanzieri e i doganieri ci sono ancora, e soldi di provenienza oscura viaggiano ancora di qua e di là dal confine. L’altr’anno avevano beccato cento milioni di titoli americani. Pochi giorni fa, ottocentomila euro di titoli del Lussemburgo. Meno che spiccioli, di fronte all’incredibile malloppo che salta fuori dalle due valigie. «Di bond da un miliardo di dollari - racconta al Giornale uno specialista del ramo - io non ho mai sentito neanche parlare.

Se esistono, credo che circolino solo nei rapporti tra Stati». Per capire che diavolo siano questi titoli, intervengono ieri gli 007 Usa, il Secret Service dell’ambasciata di Roma. L’intrigo internazionale è solo agli inizi.

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