Andrea Tornielli
da Roma
La Chiesa è pronta a studiare «procedure giuridiche semplificate» per la dichiarazione di nullità matrimoniale in modo da venire incontro alle esigenze dei divorziati risposati che non possono fare la comunione. È una mano tesa verso i divorziati quella che il cardinale Angelo Scola, patriarca di Venezia e «relatore» del Sinodo, ha presentato ieri nel corso della lunga prolusione (52 cartelle fitte) con la quale ha aperto i lavori della riunione dei vescovi dedicata alleucaristia.
Scola ha detto che «a nessuno sfugge la diffusa tendenza alla comunione eucaristica dei divorziati risposati», al di là di quanto indicato dalla dottrina cattolica, che non prevede per loro la possibilità di accostarsi al sacramento. Un argomento che interessa un numero crescente di fedeli e che è stato al centro, negli anni scorsi, di varie proposte. Una di queste era stata avanzata da alcuni vescovi tedeschi e proponeva una soluzione pastorale: il divorziato risposato si sarebbe affidato alla guida di un sacerdote scelto dal vescovo e dopo un significativo cammino di penitenza avrebbe ricevuto lassoluzione e la possibilità di comunicarsi.
La via annunciata da Scola, invece, è quella più tradizionale, vale a dire quella «giudiziale», che vede comunque lintervento del tribunale ecclesiastico, ma con procedure più snelle, decentrate e consone ai tempi e alle esigenze pastorali. «Nella presente assemblea - ha detto il cardinale - saranno da approfondire ulteriormente e prestando grande attenzione ai complessi e assai differenziati casi, le modalità oggettive per verificare lipotesi di nullità di matrimonio canonico». Un riconoscimento che «deve implicare una istanza oggettiva e non può ridursi alla singola coscienza dei coniugi, neppure se sostenuta dal parere di una illuminata guida spirituale».
«Proprio per questo - ha proseguito il relatore del Sinodo - è tuttavia indispensabile proseguire nellopera di ripensamento della natura e dellazione dei tribunali ecclesiastici perché siano sempre più unespressione della normale vita pastorale della Chiesa locale». «Oltre alla continua vigilanza sui tempi e sui costi - ha concluso Scola - si potrà pensare a figure e procedure giuridiche semplificate e più efficacemente rispondenti alla cura pastorale. Non mancano significative esperienze in proposito in varie diocesi. I padri sinodali avranno occasione di farne conoscere altre».
La via del decentramento e della semplificazione delle procedure per ottenere la dichiarazione di nullità proposta dal patriarca di Venezia coincide con quella accennata dallo stesso Ratzinger prima dellelezione, nel libro Il sale della terra. Quello della comunione ai divorziati risposati si conferma dunque come uno dei temi che saranno più discussi dai vescovi. Più aperturista la posizione espressa durante la conferenza stampa di ieri mattina dal vescovo coadiutore di Port et Paix (Haiti), Pierre-Antoine Paulo: «Dobbiamo chiederci se in particolari casi, così come già avviene per alcuni peccatori, non si possa dare la comunione anche a chi non è nella piena comunione», come i divorziati risposati.
Nella relazione di apertura, letta in latino - molti vescovi hanno ascoltato la traduzione in cuffia - Scola ha ribadito il «no» della Chiesa ai preti sposati e ha detto che non cè bisogno di inventare nuove forme di partecipazione alla celebrazione eucaristica. «Non bisogna inventare stratagemmi di partecipazione attivistica», ha spiegato. I lavori del Sinodo si sono aperti ieri con una meditazione di Benedetto XVI che ha parlato della «correzione fraterna» come forma di collegialità nella Chiesa.
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