La Chiesa è contro il patto Pd-Radicali: pugno nello stomaco

Secondo le gerarchie ecclesiastiche è una disfatta per i cattolici che militano nel Pd. Scontro sull'ex terrorista D'Elia, Veltroni: "Non presentiamo i condannati"

La Chiesa è contro 
il patto Pd-Radicali: 
pugno nello stomaco

La scelta del segretario del Pd Walter Veltroni di accogliere con nove seggi esponenti del Partito radicale, assicurando un ministero a Emma Bonino in caso di vittoria è arrivata come «un pugno nello stomaco» per la Chiesa italiana. La cultura e molte delle battaglie che hanno visto protagonisti i radicali sono infatti agli antipodi rispetto alla tutela di quei valori «non negoziabili» sui quali il Papa e i vescovi insistono.

Il cuore altrove
La scelta di Veltroni viene considerata nei piani alti della Conferenza episcopale e in Vaticano come una «débâcle» per i cattolici che militano nel Pd. In queste ore, nei sacri palazzi, circola una battuta riferita al segretario del Partito democratico, che due giorni fa, all’assemblea del partito, di fronte alle lamentele dei teodem, avrebbe dichiarato: «Vi lamentate per i radicali? Ma i vescovi hanno già il loro cuore altrove...». Un modo per affermare che le gerarchie – ufficialmente non schierate dopo la fine dell’unità politica dei cattolici sotto lo scudocrociato della Dc – avrebbero però già in qualche modo scelto per il frammentato centro o per il Popolo della libertà guidato dal Cavaliere, e non per il nuovo partito di centrosinistra guidato dall’ex sindaco di Roma. Inutile ripetere che la Chiesa non farà pronunciamenti di voto e che i cattolici militano in tutti gli schieramenti. Ciò non significa, però, che un partito valga l’altro.

Di certo la scelta del leader del Pd, che ha iniziato la sua corsa dichiarando di voler andare da solo, ma si è già apparentato con Di Pietro e ora imbarca i radicali, semplifica in un certo senso il panorama politico accentuando in maniera molto più vistosa quei «problemi di compatibilità» per i cattolici dei quali parlava un editoriale di Avvenire domenica scorsa. C’è chi ricorda di quanto fosse furente Rosy Bindi, qualche anno fa, di fronte alla ventilata ipotesi di accordo tra Berlusconi e i radicali (poi non andato in porto): l’attuale ministro della Famiglia riteneva indecente per un elettore cattolico quella fusione che ora invece si ripropone nel

Partito democratico
Una scelta non facile da far digerire anche ai gruppi e alle associazioni cattoliche storicamente più vicine al centrosinistra.

Influssi radicali
La Chiesa teme che la pattuglia radicale, con i suoi nove seggi sicuri, influenzi non tanto e non solo la definitiva stesura del programma elettorale, ma soprattutto le sue concrete declinazioni nelle sedi legislative. Già nei due anni appena trascorsi non sono mancate tensioni fra le gerarchie e i «cattolici democratici» del centrosinistra, ad esempio in materia di riconoscimento delle unioni di fatto e gay, al punto da indurre il cardinale Angelo Bagnasco a precisare che «quando si tratta di avviare proposte legislative che vanno in senso contrario all’antropologia razionale cristiana, i cattolici non possono in coscienza concorrervi». Con la svolta di ieri le preoccupazioni sono evidentemente moltiplicate.

La scelta del Cavaliere
E le grandi manovre al centro, come vengono seguite? Dopo aver cercato di evitare la rottura tra Berlusconi e Casini affinché fosse mantenuto nel centrodestra un simbolo direttamente riconducibile alla difesa dei valori cristiani, la Cei ora guarda a ciò che accade al centro vedendo di buon occhio almeno una riunificazione della Rosa bianca e dell’Udc, per evitare il più possibile dispersione e quindi «irrilevanza» del voto cattolico.

Proprio per questa preoccupazione ha fatto tirare un sospiro di sollievo ai vertici delle gerarchie italiane il fatto che Berlusconi non abbia voluto apparentamenti con la lista di Giuliano Ferrara in favore della moratoria sull’aborto: una materia che, come hanno dimostrato le dichiarazioni dei cardinali Bagnasco e Ruini, sta certamente molto a cuore alla Chiesa, ma che giocata nello schieramento elettorale ha come effetto concreto quello di frammentare ancora di più il già frastagliatissimo voto dei cattolici.

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