Choc in Usa Così la squadra della morte uccideva per sport

Se sia la guerra, con le sue atrocità quotidiane, a partorire menti malate, criminali, schizofrenici assetati di sangue, o se la divisa e un mitra in mano attirino di per sé personalità devianti che spesso la fanno franca proprio in grazia della divisa che portano, è uno di quei quesiti ai quali è sempre stato difficile dare risposta. Resta il fatto che non c'è conflitto, non c'è guerra da cui non affiori il lato più sordido, crudele, insensatamente sanguinario del genere umano.
Dalle atrocità naziste al marine che spara a bruciapelo alla tempia del prigioniero in Vietnam; dalle teste mozzate di soldati serbi esibite dai guerriglieri islamici in Bosnia, fino al sadismo mostrato dai guardiani americani nella prigione irachena di Abu Ghraib il campionario (e ci limitiamo ai tempi moderni) è infinito. Spesso si compiono atrocità per disincentivare, per demoralizzare e intimorire l'avversario, e che la pratica rientri tra i mezzi per così dire "propagandistici", ammessi da tutti gli eserciti pur di piegare l'avversario è cosa risaputa. Ma ci sono orrori commessi a freddo, per puro delirio narcisistico, per voluttà criminale, che con la guerra e le sue sporche "esigenze" non c'entrano nulla.
In questa ghirlanda di orrori vecchi e nuovi un posto andrà riservato di diritto a cinque soldati americani in servizio nella provincia afghana di Kandahar accusati di aver ucciso tre civili, fotografandone poi le ossa, solo per divertimento, per ammazzare il tempo, per sport. Lo scrive il Washington Post, aggiungendo che i componenti dello squadrone (altri sette sono indagati per aver tentato di depistare le indagini) erano «dediti all'hashish e all'alcool», il che naturalmente non basta a temperare lo sgomento suscitato dalle gesta di questi infami.
I cinque, tutti componenti della Quinta brigata di combattimento "Striker", avevano meditato a lungo sull'idea di «far saltare le cervella a qualche afghano preso a caso». Poi, in un giorno uggioso dello scorso inverno, al culmine di uno dei tanti, inconcludenti, noiosi servizi di pattugliamento, decisero di passare all'azione. Era il 15 gennaio. Il luogo: il villaggio di La Mohammed Kalay, distretto di Maywand. La vittima si chiamava Gul Mudin.
L'azione, pressappoco, si svolse così. Il sergente Jeremy N. Morlock, 22 anni, di Wasilla, in Alaska, simulò un attacco contro alcune stamberghe del villaggio lanciando una granata mentre Andrew Holmes, 19 anni, di Boise, nell'Idaho, apriva il fuoco contro lo sventurato Mudin che passava di lì per caso. Siccome la cosa deve essere sembrata molto divertente, altri soldati si unirono alla sanguinosa gazzarra, innaffiando il cadavere di pallottole. E se ammazzare il primo fu un gioco da ragazzi, figuratevi gli altri. Li ammazzavano, ma sembrandogli questo troppo poco ne smembravano i cadaveri, li scotennavano per fotografarne i teschi, li squartavano per filmarne le ossa. Orrore allo stato puro, insomma.
A intuire che qualcosa di orrendo stava accadendo laggiù, nel deserto dell'Afghanistan, fu il padre di uno degli imputati, lui stesso un vecchio marine di Cape Coral, Florida. Fu durante un colloquio via Facebook col figlio Adam che Christopher Winfield capì che il ragazzo, confusamente, stava cercando di confessare l'orrore in cui era scivolato. Il ragazzo parlava di certi "problemi" col suo caposquadra, Gibbs, di come gliel'avrebbero fatta pagare se avesse parlato, e di come «alcuni riescono a cavarsela anche dopo un omicidio».
Ce n'era quanto bastava per far drizzare i capelli al vecchio sergente dei marines, che senza por tempo in mezzo si mise in contatto col comando del corpo avvertendo che da quanto aveva capito dalle mezze ammissioni del figlio, lo "squadrone della morte" stava progettando altri delitti. Ma è difficile far decollare certe inchieste negli ambienti militari, dove la differenza tra un delitto e una "ragazzata" spesso è colpevolmente sfumata.


Ci vollero le morti "inspiegabili" di Marach Agha vicino alla base operativa avanzata di Ramrod e l'uccisione, a maggio, di un religioso, a mettere la polizia militare sulle tracce del "kill team".
Alla fine li hanno presi. Stevens, Jones, Gibbs, Morlock, Winfield. Cinque iene, non cinque soldati.

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