Chydenius, l’economista che anticipa Smith

C ome ha insegnato Ockham, è sempre una buona cosa evitare inutili complessità. Lo dimostra una volta di più la qualità di un geniale quanto striminzito libretto settecentesco, La ricchezza della nazione (edito da Liberilibri), scritto da Anders Chydenius undici anni prima del celebre lavoro di Adam Smith e ora per la prima volta proposto in italiano. Ignorato per secoli, il pamphlet (originariamente in lingua svedese) è l’ennesima riprova che anche prima di Smith vi era un pensiero economico consolidato che già allora s’interrogava sul rapporto tra sviluppo e libertà.
La tesi centrale espressa da Chydenius è che la legge fondamentale da adottare dovrebbe abolire la maggior parte delle norme stesse. La posizione è apparentemente paradossale, ma riporta alla mente formule successivamente sviluppate in contesti differenti, soprattutto da parte dei difensori dei diritti individuali. In tale studioso, però, la riflessione resta economica: egli comprende bene le logiche adattative - a razionalità diffusa - del mercato e quindi vede nella regolamentazione un intralcio allo sviluppo di una società prospera. Nell’introduzione al volume, Francesco Forte sottolinea pure come quella del finlandese sia anche «una battaglia contro l’intreccio fra Stato e capitalismo privato e contro le regolamentazioni pubbliche che generano benefici a favore dei potenti dell’economia collusi con la classe politica».
Il fatto che Chydenius sia nato a Sotkamo, in Finlandia (che allora era parte della Svezia), ci aiuta a cogliere alcune ragioni di questo liberalismo. In effetti è proprio quando ci si trova in contesti poco densamente abitati e lontani dai centri principali che più s’avverte l’importanza dello scambio, l’esigenza di non chiudersi, il legame essenziale tra mercato e civiltà. Il protezionismo emerge quando ci si scorda cosa significhi vivere in realtà impossibilitate a trarre beneficio dai commerci e dalla divisione del lavoro.
Chydenius sottolinea come tutti tendano a operare dove sono più efficaci e produttivi, e quindi meglio in grado di ottenere profitto. Ma rileva che in varie circostanze questo non accade perché l’intervento statale introduce norme e incentivi che spingono a lavorare in ambiti caratterizzati da produttività inferiore. Da qui la sottolineatura, valida oggi come allora, che «non appena viene scoperta una nuova attività economica in cui delle persone possono essere occupate, quanto da esse prodotto viene considerato ricchezza nazionale, anche se il settore in questione non paga adeguatamente i lavoratori»: ed è sulla base di questa analisi del tutto infondata che si basa larga parte della politica economica.


Chydenius viveva in un mondo diverso dal nostro, entro una Scandinavia costretta a far fronte a enormi difficoltà. I politici del nostro tempo non dovrebbero però ignorare le sue parole ogni qual volta si affrettano a salvare aziende in crisi oppure a stimolare comparti ed aree produttive.

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