«Ci hanno abbandonato» Ma il sindaco-tribuno vuole gestire la cassa

RITORNELLO L’ultima lamentazione: «Il G8 è stato solo un flash nel buio» Intanto vive nel lusso e intasca soldi per la sua fondazione culturale

«Ci hanno abbandonato» Ma il sindaco-tribuno vuole gestire la cassa

Il suo è un ritornello praticamente quotidiano. «Noi, lasciati soli», titolava ieri Repubblica sintetizzando le sue lamentazioni. Ma lo scorso 3 luglio in primo piano era la sua «rabbia», l’11 luglio, a G8 appena concluso, gridava all’«abbandono». Sì, perché Massimo Cialente, 57 anni, medico, sindaco Pd dell’Aquila dal 2007, è diventato un habitué dell’attacco alla gestione del dopo-terremoto. E non passa quasi giorno che non dichiari ufficialmente quello che sanno ormai pure le povere pietre sconquassate dal sisma del 6 aprile scorso: che a suo giudizio la ricostruzione è ferma e che gli aquilani sono stati abbandonati, che è tutta una presa in giro e così via.
Punti di vista. A guardare come è stata «abbandonata» la sua famiglia al gran completo - complessivamente cinque nuclei, una trentina tra parenti e affini - trasferita dalle tende del Camping d’Abruzzo a uno splendido resort di lusso sulle colline di Tortoreto (Giulianova) con tanto di piscina e bus navetta per andare in spiaggia, qualcosina evidentemente, almeno per lui, (che però giura di dormire in un camper all’Aquila) si è mossa. E il governo si è mosso pure per l’«Accademia internazionale per la Scienza dell’immagine», unica istituzione culturale finanziata con fondi urgenti nel Decreto Abruzzo e presieduta, guarda un po’, proprio da lui. Una scelta che, all’Aquila, ha lasciato a dir poco di stucco le altre istituzioni culturali, tanto più che l’Accademia, ben prima del terremoto, era già un carrozzone mangiasoldi pieno di debiti.
Ma tant’è, dettagli. Dettagli che il sindaco Cialente dimentica volentieri a favore invece di quello che ormai è il suo chiodo fisso: prendere in mano, come amministrazione comunale, la gestione dei fondi in arrivo.
Un ritornello costante, quello di Cialente, specie adesso che i fondi stanno arrivando davvero. «Tocca agli aquilani gestire il destino di questi soldi», ripeteva sabato scorso a G8 ancora “caldo”. «Tutto possiamo fare – aggiungeva illustrando il solito leit-motiv dell’abbandono - tranne lasciarci cogliere dalla sfiducia o, peggio ancora, lasciare che altri gestiscano il nostro futuro, la sopravvivenza stessa della nostra comunità. L’Aquila deve essere ricostruita dagli aquilani. I finanziamenti per le case e per il patrimonio, le generose donazioni per gli edifici storici e le istituzioni devono arrivare. Ma tocca a noi gestire il destino di questi fondi».
Concetto ribadito in un’intervista all’Unità, che ieri, alla ricerca di voci contro il G8 al di là di ogni evidenza, gli ha dedicato un’intera pagina. «Per gli aquilani – ha sentenziato Cialente – il G8 è stato un flash abbagliante. A noi serve una luce di attenzione costante nel tempo». E la rivendicazione: «Dobbiamo lavorare con ancora maggiore convinzione e concretezza alla nostra ricostruzione, altrimenti altri, e non noi, decideranno del nostro futuro».
Un chiodo fisso, quello della gestione dei fondi per il dopo-terremoto, per Cialente. Non a caso il primo cittadino dell’Aquila qualche settimana fa ha guidato la protesta dei terremotati d’Abruzzo e dei 49 sindaci dell’area del cratere che sono scesi in piazza a Roma, davanti a Montecitorio, «armati» di tende e cuscini.

Fondi direttamente agli enti locali, più fondi perché quelli già stanziati non bastano, eventualmente una tassa una tantum di scopo per garantire il finanziamento della ricostruzione. Lo dice di continuo, Cialente. Insieme a «ci stanno abbandonando», il suo ritornello preferito.

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