Politica

Ciampi al Pontefice: con orgoglio affermo la laicità dello Stato

Il presidente della Repubblica: «Con la Chiesa condividiamo valori fondamentali, ma bisogna distinguere tra fede e vita civile»

Massimiliano Scafi

da Roma

Clic. Il senso politico è tutto in un gesto, in una fotografia. È in quella mano che laicamente stringe quella del Pontefice, in quel busto del presidente che rispettosamente s’inclina di appena trenta gradi: poco più di un amichevole cenno di benevenuto, meno, molto meno di una devota riverenza. E così il saluto che nel cortile d’onore del Quirinale Carlo Azeglio Ciampi riserva a Benedetto XVI è un po’ il termometro dei rapporti odierni tra Stato e Chiesa: separati ma non troppo, indipendenti ma amici. Il pio Segni s’inginocchiò davanti a Paolo VI, l’ateo Pertini abbracciò Giovanni Paolo II, mentre con Wojtyla il cattolicissimo Scalfaro si limitò a una fredda, formale stretta. Ciampi sceglie invece una via intermedia: collaborazione, ma reciproco rispetto.
Dal linguaggio del corpo a quello della parola, il concetto non cambia: «distinguere» la fede dalla vita civile, spiega il capo dello Stato, è «necessario» e anche utile per ottenere «la concordia» tra le due istituzioni e «il bene» per i cittadini. «Con orgoglio affermo - dice nel discorso ufficiale -, come presidente della Repubblica e come cittadino, la laicità della Repubblica italiana. La Costituzione, all’articolo 7, recita: “Lo Stato e la Chiesa cattolica sono, ciascuno nel proprio ordine, indipendenti e sovrani”. I loro rapporti sono regolati dai Patti Lateranensi. Il rinnovato Concordato del 1984 ha chiarito e rafforzato ulteriormente le nostre relazioni, basate sul pieno rispetto di questi principi».
Niente ingerenze dunque e nemmeno nessuna guerra di religione. Sono passate solo due settimane dai referendum sulla fecondazione assistita che hanno spaccato l’Italia. Adesso, mentre parla nel Salone dei Corazzieri davanti al Papa e a tutti i vertici del Paese, il peggio sembra alle spalle. Ma Ciampi, che è un credente e che il 12 giugno è andato a votare, non rinuncia a ridisegnare i confini: «La necessaria distinzione fra il credo religioso di ciascuno e la vita della comunità civile regolata dalle leggi della Repubblica, ha consolidato nei decenni una profonda concordia tra Chiesa e Stato. La delimitazione dei rispettivi ambiti rafforza la capacità delle autorità della Repubblica e di quelle religiose di svolgere appieno le rispettive missioni e di collaborare per il bene dei cittadini».
Questo però non significa che il Tevere si sia riallargato. «Condividiamo valori fondamentali - dice infatti Ciampi -. Il rispetto della famiglia e dei diritti di ogni essere umano, la famiglia, la solidarietà, la pace. Constato di persona, nelle mie visite alle province d’Italia, che questa collaborazione è radicata e opera con successo nella multiforme realtà del nostro Paese. Ha a cuore in particolare la formazione dei giovani e l’assistenza ai bisognosi. I vescovi e il clero sono profondamente inseriti nella vita della società italiana. Il volontariato e la solidarietà sono valori comuni di laici e cattolici».
Parole che piacciono a Benedetto XVI, come gli piace sentire da Ciampi che «l’Italia sa di avere profonde radici cristiane, intrecciate a quelle umanistiche: un patrimonio della nostra civiltà che è un elemento unificante dell’identità europea». E gli piace anche sapere che, quando lui s’inginocchia nella Cappella Paolina, nella piccola copia della Sistina fatta costruire a Carlo Maderno da Papa Paolo V Borghese, dietro a lui il presidente resta in piedi ma si fa il segno della croce.
Del resto i rapporti personali tra Ciampi e il Pontefice sono ottimi. Come lo sono, sottolinea il presidente, pure quelli tra i due Stati. «Il legame tra Italia e Santa Sede alimenta una crescente collaborazione di fronte ai problemi del mondo».

Dalla giustizia alla pace, dall’Onu al conflitto israelo-palestinese, dal «consolidamento di un ordine internazionale ancorato al rispetto della persona umana» al primato del diritto, conclude, «possiamo contribuire ad allargare lo spazio della ragione e del dialogo tra i popoli».

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