La Cina nasconde la faccia dietro i Giochi

Un budget da 30 miliardi, un milione di turisti, 4 miliardi di telespettatori: le Olimpiadi biglietto da visita del nuovo corso, per ora solo virtuale. L’apertura tra un anno nel segno del numero portafortuna: l'8

La Cina nasconde 
la faccia dietro i Giochi

Pechino - Trecentosessantacinque giorni al levar il velo alla Cina «Second Life». Molto virtuale, con qualche spicciolo di realtà. Manca un anno esatto alle Olimpiadi di Pechino: studiate per stupire e blandire, per sedurre e far dimenticare cosa c’è dietro l’angolo: dall’oppressione degli attivisti dei diritti civili al controllo della libertà di stampa, come si è visto anche in questi giorni con l’arresto di alcuni giornalisti . Inimitabili nel perfezionismo, i cinesi hanno messo a punto ogni particolare, a cominciare dalla data d’inizio: l’ottavo giorno dell’ottavo mese dell’ottavo anno post duemila, alle otto della sera. Otto, come non sospettarlo, è il loro numero portafortuna.

E, in realtà, ogni Olimpiade ha bisogno del suo stellone. Quella di Pechino, per ora, vive in un turbinio di contraddizioni, polemiche e spettacolarizzazione. Impianti a grande effetto scenico, perfino esagerati nelle dimensioni e nella ricerca dell’innovazione. Ma come non dimenticare che smog e afa, caldo torrido e condizioni ambientali saranno al limite per le discipline della resistenza, si parli di ciclismo o di maratona? Gli impianti saranno 31, e certamente Pechino non arriverà trafelata come Atene a metter la parola «pronte» a tutte le strutture. Il cosiddetto fiore all’occhiello sarà lo stadio olimpico, che ospiterà cerimonie d’apertura e chiusura, oltre alle gare di atletica.

Originale nel disegno, eccessivo in tutto: costato 305 milioni di euro, 91mila posti disponibili, sostenuto da una struttura d’acciaio a forma di nido, per uno sviluppo di 36 chilometri. I cinesi non hanno usato mezze misure, volendo fare della loro Olimpiade un biglietto da visita per il resto del mondo. E i numeri danno ragione: previsti quattro miliardi di spettatori televisivi, circa un miliardo in più di Atene, per un costo di 2,5 miliardi di dollari in diritti Tv. A fronte di un budget di 30 miliardi di euro, sono calcolati introiti dal merchandising pari a 225 milioni (ad Atene furono 46 milioni). Calcolati circa un milione di turisti, la metà stranieri. Impiegati almeno 70mila volontari quando le domande per esserci erano il doppio.

Tutto per rendere stupefacenti quei 17 giorni di gare che conteranno su 10.500 atleti e una valanga di addetti ai lavori. Involucro sfarzoso con fiocco multicolore e talvolta stravagante: guai a baciarsi in pubblico, si rischiano le stesse pene di un ladro. Gli atleti del canottaggio verranno scelti attraverso un reality (qui più che mai l’importante è partecipare). Le ragazze arruolate come hostess dovranno aver la pelle brillante, taglia media, seni non prosperosi, né corpi segnati da tatuaggi o piercing. I taxisti, come già accadde a Seul ’88, hanno seguito corsi di inglese. Nelle scuole, oltre a quelle di ginnastica, sono state inserite lezioni di valzer che, secondo il ministero dell’Educazione, combattono l’obesità e danno sicurezza al portamento.

Perfezionismo regnante sempre e dovunque: dunque eliminati i ritardi aerei, problema non risolvibile solo in caso di tempesta di sabbia. Grande attivismo dei servizi di sicurezza, integrati dalla Fbi. Caccia alla contraffazione dei prodotti: dal 2007 ad oggi ne sono stati sequestrati oltre 30.000.

Tra le contraffazioni tipiche andrebbero incluse quelle sportive: si legga alla voce doping. Ma, pure in questo caso, i cinesi hanno garantito massima attenzione. «Vogliamo che i nostri atleti competano in modo pulito». E per dimostrarlo hanno incrementato i test fuori gara: da 9.000 a 10mila all’anno.

Servirà bel tempo? Niente paura. La China meteorological administration ha studiato un sistema per disperdere le nuvole: saranno sparati razzi antipioggia che sparpaglieranno le nuvole. Pechino, che soffre di cronica mancanza d’acqua, solitamente usa razzi contenenti sostanze chimiche per scatenare acquazzoni. Stavolta sarà tentata l’impresa contraria.«Perché l’estate è una stagione piovosa», ha spiegato il direttore dell’ente meteorologico. In tutto questo fiorire di trovate, non mancano critiche e polemiche sostanziose. È partita una dura e circostanziata denuncia contro quattro fabbriche che producono gadget olimpici, sfruttando il lavoro minorile. Per risolvere il problema del traffico saranno avviate fuori Pechino milioni di persone. Chiuse le scuole dei lavoratori migranti per scoraggiare chiunque a risiedere in città durante i Giochi.

L’equitazione si è lamentata del suo isolamento a Hong Kong: quattro ore di volo da Pechino, necessità dovuta a ragioni di clima e del rischio malattie per i cavalli. Un altro focolaio lo ha acceso Steven Spielberg. Il regista, arruolato come consigliere artistico, si è staccato dalla compagnia dei Giochi accusando il governo cinese di troppa tolleranza nei confronti delle atrocità nel Darfur.

Un problema che la Cina snobba, essendo uno dei principali acquirenti di petrolio in Sudan. Anche i giocatori Nba del basket (escluso LeBron James) hanno fatto pollice verso con una petizione, chiedendo che Pechino favorisca un’apertura verso il problema. Forse utopia, anche per una Cina «Second Life».

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