Cinque condanne per i killer del parcheggio

Patricia Tagliaferri

La scelta del rito abbreviato e l’esclusione della premeditazione salvano gli imputati dell’omicidio di Giuseppe Silvestri da pene ben più pesanti. Le condanne, alla fine, sono cinque: 18 anni di carcere per Gianluca Calisti e lo zio Luciano, 16 anni e otto mesi per Alessandro Ciriaci, 16 anni per Massimo Di Placido e 15 anni e 4 mesi per Andrea Calisti, altro zio di Gianluca. La moglie della vittima, Loredana, accoglie la sentenza con un pianto disperato. C’era anche lei, con i due figli, la notte tra il 5 e il 6 novembre dello scorso anno al ristorante «Re per una notte», in via della Magliana, quando suo marito rimase vittima di una vera e propria spedizione punitiva dopo una banalissima lite per un parcheggio. «Ha sofferto molto - spiega l’avvocato Luca Petrucci - quella sera doveva essere un’occasione di festa e invece è avvenuto l’impensabile».
C’era il compleanno di Loredana da festeggiare, con i figli e alcuni parenti. La tragedia, invece, è dietro l’angolo. A fine serata Giuseppe Silvestri, imprenditore, 42 anni, si ritrova a terra ferito ad una gamba dopo essere stato investito dall’auto di Luciano Calisti in una manovra a retromarcia. Il colpo mortale lo spara quasi a bruciapelo il nipote di Calisti, Gianluca, con un’arma, mai ritrovata, portata da Di Placido. È questa la ricostruzione dell’accusa, fatta dal pm Giuseppe Amato, le cui richieste di condanna sono state in parte accettate dal gup Barbara Callari (per Di Placido, Gianluca e Luciano Calisti il magistrato aveva sollecitato 20 anni, per Ciriaci 17, per Andrea Calisti 16). La premeditazione è stata esclusa: per quanto gli imputati avessero accettato i rischi del raid punitivo, dunque, la spedizione non sarebbe stata finalizzata fin dall’inizio all’omicidio. Le cose sarebbero precipitate dopo che Luciano Calisti, «oltraggiato» dall’offesa subita durante una discussione per un parcheggio conteso, sarebbe andato via per poi tornare davanti al locale in forze. E armato. Gli imputati - che rispondevano a seconda delle posizioni di concorso in omicidio volontario aggravato, porto abusivo d’arma da fuoco, manomissione delle targhe delle auto con cui giunsero sul luogo del delitto - dovranno pagare una provvisionale immediatamente esecutiva di 150mila euro alla moglie e ai due fratelli della vittima. I danni dovranno essere invece liquidati in sede civile.
«Mio marito - raccontava la vedova prima della sentenza - è stato persino investito. Prima gli hanno sparato ad una gamba, lo hanno colpito alla nuca e quando era a terra lo hanno finito con un colpo alle spalle che gli ha trapassato prima un polmone, poi il cuore.

Tutto sotto gli occhi di nostro figlio Alessandro, rimasto impietrito dietro ad una siepe. Da allora siamo piombati nella disperazione. Eravamo una famiglia felice, Pino era un marito e un padre eccezionale. Ora i miei figli sono segnati, il più grande è ossessionato e teme di perdere anche me».

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