Ad otto anni di distanza dal crac, arriva la prima sentenza per il disastro della Cirio, il glorioso marchio dei pomodori finito nell'orbita di Sergio Cragnotti e travolto dai debiti nel 2002. Alle 21,30 di ieri sera, dopo una estenuante camera di consiglio durata quasi dodici ore, la Prima sezione del tribunale di Roma condanna a nove anni di carcere Cragnotti, sei in meno di quelli chiesti dalla Procura della Repubblica. Ed insieme a Cragnotti viene condannato - anche se alla metà della pena chiesta per lui dalla pubblica accusa - colui che fino a una manciata di settimane fa era uno degli uomini più potenti della finanza italiana: Cesare Geronzi, ex presidente di Capitalia, di Mediobanca e delle Assicurazioni Generali, si vede infliggere quattro anni di carcere. Dopo Antonio Fazio, l'ex governatore della Banca d'Italia condannato anch’egli a quattro anni di carcere per la scalata Antonveneta, un’altra stella di prima grandezza del firmamento bancario italiano viene oscurata dalle conseguenze delle inchieste giudiziarie: dove, aldilà dei fatti specifici, ad emergere e a venire messa sotto accusa è una contiguità fatta di favori, pretese, ordini, silenzi. Unicredit e gli imputati dovranno versare duecento milioni alle vittime. Due inchieste, in particolare, hanno scavato su quella stagione effimera e devastante che a cavallo del nuovo millennio vide la “finanza creativa” fare irruzione nella gestione dei grandi marchi del made in Italy: sono le indagini sui crac di Parmalat e di Cirio, inchieste per molti aspetti simili, e con più di un imputato in comune. Le sentenze di primo grado arrivano quest'anno, a poca distanza una dall'altra. A Milano e a Parma le sentenze travolgono Calisto Tanzi, subissato di anni di galera e rinchiuso in carcere, ma risparmiano in gran parte (almeno finora) le banche accusate di complicità con il patron di Parmalat. A Roma, invece, ieri la sentenza accoglie in buona parte la ricostruzione della Procura. Viene condannato Cragnotti, artefice principale del dissesto che trasformò in carta straccia un miliardo e 125 milioni di bond dal mattino alla sera, e insieme all'ex presidente della Lazio viene condannata buona parte della sua famiglia: il genero, i figli (ma assolta la moglie, come anche il Gian Piero Fiorani della Popolare di Lodi). Ma insieme ai Cragnotti viene condannato nonostante le sue ripetute rivendicazioni di innocenza, anche Cesare Geronzi. «Resto tranquillo, ho agito correttamente e in appello verrà riconosciuto», dice Geronzi. Mentre uno dei suoi legali, Paola Severino, è più critica con la decisione dei giudici: «Questa sentenza mette in crisi il rischio di impresa». A carico di Geronzi risultano decisive le dichiarazioni di Calisto Tanzi, che ha dichiarato che fu Geronzi a spingere per l'acquisto da parte di Parmalat di Eurolat, la società Cirio attiva nel commercio di latte. Non ci sarebbe stato niente di male, se i soldi incassati da Cragnotti con l'operazione non fossero finiti anzichè nelle esauste casse di Cirio - a ripianare i crediti del gruppo nei confronti della banca capitolina.
L'operazione, dice Tanzi «anche se non fu una imposizione fu molto caldeggiata da Geronzi». In quel modo, secondo la Procura, Geronzi si mise in parte al riparo dalle conseguenze dell'imminente disastro: un disastro di cui, secondo la ricostruzione della Procura, aveva pienamente consapevolezza.Cirio, nove anni a Cragnotti e quattro a Geronzi
Per l’ex presidente di Capitalia il pm aveva chiesto il doppio. Lui: "Sono tranquillo, ricorrerò in appello". Il legale del banchiere: "Così si mette in crisi il rischio d’impresa". La storia: il crollo dell'impero alimentare ha travolto 35mila risparmiatori
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