A essere fiscali

I 2 euro della marca da bollo? Per i forfettari è reddito imponibile

L’Agenzia delle entrate ha recentemente chiarito che la marca da bollo da 2 euro, oggi anche in versione virtuale, contribuisce all’incremento del monte reddito del soggetto emittente

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A molti di noi sarà capitato, ogni volta che si emette una fattura o una ricevuta di prestazione occasionale, di acquistare e apporre sulle relative fatture, la marca da bollo da 2 euro, oggigiorno in larga parte sostituita dalla versione virtuale sulla fattura elettronica. L’unica accortezza cui era tenuto il contribuente, era di verificare che la data della marca da bollo fosse di data antecedente o comunque coeva a quella della fattura. Di certo non successiva. Ma da qualche mese, c’è un particolare in più a cui prestare attenzione. Vediamo di cosa si tratta

La marca da bollo

La marca da bollo, fino all’introduzione delle fatture elettroniche, è sempre stato il contrassegno adesivo da applicare su documenti, atti, fatture e ricevute fiscali. Il tagliando in versione adesiva si acquista in un qualunque tabaccaio o ricevitoria autorizzata. Nell’aspetto è paragonabile a un francobollo e possiede valore nominale pari a 2 euro, oppure a 16 euro. La marca da bollo virtuale, così come quella adesiva, sostituisce l’imposta dell’Iva quando non è applicabile ed è utilizzabile esclusivamente per via telematica, acquistabile online e non in tabaccheria.

Il tributo

La marca da bollo è un tributo alternativo all’Iva e proprio per questo va applicata con riferimento alle fatture emesse senza l’emissione dell’Imposta, a meno che l’importo indicato non sia inferiore a 77,47 euro, in quel caso non ne è prevista l’applicazione in calce. Le fatture infatti sono soggette all’imposta di bollo sin dal momento della loro formazione, e secondo la norma (art. 1 del d.p.r. numero 642/1972) sono soggette all’imposta di bollo gli atti, i registri indicati nell’annessa tariffa e, tra gli altri documenti, anche le fatture, quando la somma indicata è superiore a 77,47 euro e non è soggetta a Iva (art. 13, co.1 della tariffa, parte prima). Generalmente, il contribuente che beneficia del regime forfettario addebita al proprio cliente l’importo della marca da bollo, chiedendo il “rimborso” a quest’ultimo e addebitandone la spesa in fattura. Ma la domanda è: i 2 euro di marca da bollo addebitati al cliente, contribuiscono al calcolo totale del reddito?

La risposta dell’Agenzia delle entrate

La novità contenuta nella risposta all’interpello numero 428/ 2022 dell’Agenzia delle entrate, sta nel fatto che l’ente pubblico ritiene che il bollo da 2 euro addebitato al cliente in fattura costituisca ricavo e quindi contribuisca al calcolo del reddito del soggetto emittente. Questa specificazione dovrebbe riguardare sia i forfettari che coloro che operano in regime ordinario. La più ovvia e immediata conseguenza di tale nuova impostazione vorrebbe, quindi, che i contributi da calcolare, sulle relative casse di previdenza, dovrebbero essere calcolati sul compenso, ma con l’aggiunta del bollo da 2 euro in questione. Da ciò ne discende che l’addebito del bollo in fattura dovrà essere specificato come voce di ricavo; l’importo del bollo, quindi, verrà calcolato proprio come ricavo nella determinazione forfettaria del reddito e tale ammontare avrà un valore anche ai fini del calcolo dei contributi previdenziali (INPS o cassa professionale del soggetto emittente). L’Agenzia delle entrate, pertanto, ritiene che l’importo del bollo addebitato in fattura al cliente rivesta la natura di compenso e concorra, quindi, alla determinazione forfettaria del reddito del soggetto emittente così come previsto dall’articolo 4 della L. 190/2014.

Bolli esclusi dal reddito

Cosa fare se in passato i bolli sono stati esclusi dal reddito in sede di dichiarazione?La prima cosa da fare è contattare il proprio consulente fiscale e inviare una dichiarazione integrativa, correggendo il reddito dell’anno indicato nella sezione LM.

Ciò vale anche per le dichiarazioni degli anni precedenti.

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