Cartelle stralciate dopo cinque anni. Il piano per le tasse non riscosse

Il piano prevede l’azzeramento delle posizioni ormai irrecuperabili e nuove regole per rendere più efficiente il sistema di riscossione

Cartelle stralciate dopo cinque anni. Il piano per le tasse non riscosse
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La montagna di tasse non riscosse continua a pesare come un macigno sui conti pubblici italiani. Secondo la relazione redatta dalla Commissione tecnica sulla riscossione, guidata dall’ex magistrato della Corte dei Conti Roberto Benedetti, sono 408,47 i miliardi di euro rimasti in sospeso e, nel complesso, oltre 1.272 miliardi di entrate fiscali, previdenziali e locali si sono dissolti tra il 2000 e il 2024. Per affrontare questo scenario i tecnici hanno avanzato una proposta destinata a far discutere: introdurre il discarico automatico delle cartelle esattoriali dopo cinque anni, così da eliminare dalle scritture somme che non hanno alcuna possibilità concreta di rientrare.

Il piano

Il piano prevede un maxi-stralcio da 407 miliardi, circa un terzo dell’intero magazzino dei crediti pendenti. Si tratterebbe di un’operazione che cancellerebbe in larga parte cartelle riferite a contribuenti ormai deceduti, a società cancellate senza coobbligati, a debiti legati a procedure fallimentari già concluse e a crediti semplicemente caduti in prescrizione. A queste partite si aggiungerebbero anche altri importi, formalmente ancora validi sul piano giuridico, ma privi di qualsiasi prospettiva di recupero.

L'impatto

L’impatto sarebbe dirompente: lo Stato rinuncerebbe a centinaia di miliardi, l’Inps a decine di miliardi, mentre Comuni e altri enti locali subirebbero perdite più contenute ma comunque significative. Nel complesso verrebbero azzerate le posizioni di oltre nove milioni di contribuenti, per un totale di quasi ventotto milioni di cartelle e più di quarantadue milioni di crediti, con un beneficio medio stimato in circa quarantaquattromila euro a testa.

L'operazione di pulizia contabile

I promotori dell’intervento insistono sul fatto che non si tratta di un condono, bensì di un’operazione di pulizia contabile necessaria per rendere più credibile l’intero sistema della riscossione. Il vero obiettivo, infatti, sarebbe riformare la governance, introducendo criteri fondati su tempestività, selezione delle priorità e maggiore coerenza delle procedure. Da qui anche l’idea di potenziare i poteri dell’Agenzia delle Entrate, che dovrebbe avere accesso non soltanto all’esistenza di un conto corrente ma anche alla sua consistenza effettiva, con tutte le cautele legate alla tutela della privacy. Allo stesso modo, i dati della fatturazione elettronica dovrebbero essere sfruttati per colpire in maniera mirata i rapporti commerciali dei debitori, mentre andrebbero snellite le procedure necessarie per avviare pignoramenti e azioni esecutive.

I prossimi step

La partita, a questo punto, si sposta sul terreno politico.

La Conferenza Unificata delle Regioni sarà chiamata a esprimersi la prossima settimana e il verdetto determinerà se l’Italia è pronta a voltare pagina su un sistema che da anni accumula crediti inesigibili. Il rischio, però, è che un’operazione di questa portata venga percepita come una sorta di condono mascherato, con la conseguenza di minare ulteriormente la fiducia dei cittadini nel rispetto delle regole fiscali.

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