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La coerenza di Di Pietro? Solo nell’odiare il premier

DELIRIO Il leader giustifica il suo livore: «Questo governo ha creato allarme sociale»

RomaSempre più schiacciato a sinistra. Costretto a galleggiare in un’area ristretta e turbolenta, la stessa dove navigano gli eredi dei «gruppettari» extraparlamentari. Forse, dopo il caso Tartaglia, anche Tonino, ex Pm ed ex neofita della politica, si è reso conto di maneggiare materiale esplosivo e di rischiare l’isolamento per quell’abbraccio mortale degli estremisti, che l’altra sinistra, quella tradizionale erede del Pci, conosce bene ed evita da circa 40 anni.
Che ci sia un po’ di disagio nelle parole di Antonio Di Pietro se n’è accorto anche Marco Travaglio che ieri nel suo Passaparola ha definito «sgangherato» il modo in cui ha commentato i fatti di Milano.
Ieri l’ex Pm è tornato due volte sul caso Tartaglia. Prima passeggiando in Transatlantico, con un tentativo di difesa. «Io ho detto qualcosa che anche altri stanno dicendo e che moltissimi pensano: bisogna distinguere tra il gesto esecrabile di un malato di mente che va condannato e deplorato e il disagio sociale e la disperazione ambientale in cui vivono molti italiani a causa della totale assenza di politiche del governo a favore delle fasce sociali più deboli». Poi nel blog, questa volta in un tentativo di attacco, «noi non intendiamo associarci all'ipocrisia e al perbenismo di maniera di chi vorrebbe, per colpa di questo fatto grave, giustificare le politiche governative che hanno creato disagio e allarme sociale».
I temi economici ritornano spesso nei discorsi più recenti del leader di Italia dei valori. Se la prende con «chi fa finta di non vedere fa un’offesa ai 10mila manifestanti di Termini Imerese». Dice che questo governo ha creato «allarme sociale» e che proprio per questo la missione del suo partito è combattere il governo. Plaude agli appelli del presidente della Repubblica Giorgio Napolitano per il dialogo augurandosi che la maggioranza faccia leggi «questa volta, finalmente, a favore delle tante migliaia di persone che hanno perso il lavoro e che non arrivano alla fine del mese».
Incursioni nei temi che non fanno parte del patrimonio di Italia dei valori. E che sembrano molto tentativi di allentare la tensione su temi classici del partito fondato dall’ex giudice: la giustizia e l’opposizione di principio a Silvio Berlusconi. E la ragione è che Di Pietro si è scontrato con la concorrenza del cosiddetto popolo viola, gli auto organizzati via Facebook che hanno promosso la manifestazione contro Berlusconi. Quando ha cercato di appropriarsene se la sono presa e lo hanno costretto a una veloce marcia indietro. Al primo cedimento sull’anti berlusconismo radicale, potrebbero benissimo accusarlo di connivenza con il nemico. Non è un caso che pochi giorni fa, prima dell’aggressione al premier, Di Pietro si sia lanciato in una difesa del ruolo della politica e dei partiti.
Preoccupazioni che costringono Idv a restare, anche ora che forse non ne avrebbe voglia, in una barricata scomoda. A negare la solidarietà a Berlusconi, come ha fatto ieri Sonia Alfano, perché «sarebbe ipocrita, visto che sono scesa in piazza contro di lui. Non posso dare solidarietà ad un presidente del Consiglio che è un frequentatore di minorenni, un piduista, un corruttore, un frequentatore di mafiosi». Persino il moderato Massimo Donadi, che domenica aveva dato a Berlusconi una solidarietà senza condizioni, ieri, si è dovuto schierare a favore del molto poco moderato popolo della politica sul web. «Sosteniamo la necessità di un attento monitoraggio della rete e dei principali social network, la chiusura dei gruppi violenti, razzisti e che incitano all’odio, ma riteniamo pericoloso che qualcuno possa pensare di limitare la libertà sul web, prezioso strumento di democrazia».


Segno che anche un battitore libero come Di Pietro, che fino a oggi si è potuto muovere libero da condizionamenti ideologici, deve fare i conti con la regola di ferro della sinistra estrema: «C’è sempre qualcuno più puro che ti epura».

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