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Cognetti deve lasciare: «Perseguitato dalla Turco»

L’oncologo revocato dal ministro: «Ridotto a burocrate della ricerca»

da Roma

Rinuncia all’incarico di direttore scientifico dell’Istituto Regina Elena di Roma, Francesco Cognetti, l’oncologo dal 2001 alla guida del centro di cura e ricerca oncologica della capitale, destituito quest’estate dal ministro Livia Turco e poi tornato al suo posto dopo una sentenza del Consiglio di Stato a settembre.
La decisione «irrevocabile» è arrivata ieri, proprio nel corso di un’udienza al Tribunale d’appello circa la giurisdizione del Tar a intervenire in merito all’esclusività o meno dell’incarico con l’attività medica intramoenia. Con un accordo consensuale, Cognetti e Ifo (Istituti fisioterapici ospitalieri) hanno di fatto sciolto il rapporto contrattuale; Cognetti tornerà comunque a dirigere la divisione interna di Oncologia medica dove ha lavorato per trent’anni. «Non esistono le condizioni per portare avanti con dignità il mio mandato», scrive in apertura di una lunga lettera di tre pagine inviata al ministro Turco, il professore catapultato all’improvviso al centro di un agguerrito dibattito politico e istituzionale.
Cognetti, a cui ad aprile era stato rinnovato un mandato quinquennale, all’inizio dell’estate viene colpito dalla scure dello spoil system: persone «giuste» ai posti «giusti», a prescindere dalle capacità tecniche e scientifiche. Il 4 agosto nel suo ufficio s’insedia l’epidemiologa Paola Muti. A nulla serve che ventisette dei trentaquattro primari del Regina Elena firmino un attestato di solidarietà nei confronti del loro ex direttore chiedendo alla Turco di tornare sui suoi passi. La colpa di Cognetti? Essere stato nominato da Berlusconi. A settembre il Consiglio di Stato accoglie il ricorso del professore che torna alla direzione dell’Istituto. Ma ecco subito un altro ostacolo. Turco e Regione Lazio insistono: un dirigente medico non può continuare a operare la professione. Tanto che gli ispettori regionali si fanno protagonisti di un blitz in reparto a cui viene dato ampio risalto: Cognetti è «sorpreso» a prestare assistenza gratuita ai malati di tumore a cui ha dedicato una vita intera. Tanto che l’incompatibilità tra ricerca e cura finisce per essere un principio che la Turco fa allegare al maxiemendamento alla Finanziaria. «Una norma ad personam - dice Cognetti nella lettera - non certamente ispirata a principi di pubblico interesse». Il professore va giù duro: «Sono stato vittima di una campagna persecutoria - scrive - per limitare, fino ad annullare la mia professionalità di medico». E ancora: «Avrei voluto continuare a guidare l’evoluzione e la crescita delle attività scientifiche e istituzionali (...) invece si profila per me un ruolo di burocrate della ricerca, una sorta di passacarte sia pure di rango elevato». Per Francesco Giro, deputato e coordinatore Lazio di Forza Italia, «si è consumata una precisa strategia politica di eliminare un personaggio scomodo».

E mentre l’assessore regionale alla Sanità, Augusto Battaglia, si dice pronto a «rispettare la decisione» augurandosi che venga data una nuova opportunità alla dottoressa Muti, Stefano De Lillo, vicepresidente della Commissione Sanità della regione, commenta: «Il centrosinistra esce a bocca asciutta da questa vicenda in cui ha cercato il valore simbolico di un trionfo plateale e ha invece esaltato involontariamente quello di un uomo di ben diverso livello morale».

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