La nebbia fitta e il cargo. Così l'Imperatrice d'Irlanda porta alla morte di 1000 persone

L'imbarcazione canadese affonda il 29 maggio del 1914 nel golfo del fiume San Lorenzo, al largo delle coste del Québec, in Canada, dopo la collisione con la SS Storstad

L'Empress of Ireland
L'Empress of Ireland

Ci sono tragedie che hanno avuto un’eco importante, meritando pagine di giornali, celebrazioni, persino le attenzioni del Cinema. Ce ne sono alcune, invece, poco conosciute, come quella che ha visto protagonista l’Imperatrice d’Irlanda, il Titanic dimenticato, che trascinò con sé oltre mille vite. Il 29 maggio 1914, a sole sei miglia dalla costa, nelle acque gelide del golfo del fiume San Lorenzo, in Canada, il transatlantico viene speronato dalla nave da carico norvegese SS Storstad. L’orologio segna l’1.20 del mattino, quando 1.012 persone, tra cui anche molti italiani, perdono la vita. Una fitta nebbia avvolge improvvisamente le navi, riducendo drasticamente la visibilità. Quando le due imbarcazioni si intravedono, è già troppo tardi.

Una tragedia oscurata dalla Grande guerra

Quel giorno l’Empress, partito alle 16,30 del 28 maggio da Québec City, in Canada, e diretto a Liverpool, trasporta 1.477 persone, tra passeggeri ed equipaggio. L’urto è devastante: il bastimento norvegese colpisce il piroscafo sul fianco destro, squarciandolo sotto la linea di galleggiamento. In meno di quindici minuti, l’Empress si inclina e sprofonda nei flutti, lasciando in superficie solo rottami, urla e un’inspiegabile indifferenza destinata a durare nel tempo. A livello internazionale, la tragedia passa quasi inosservata, oscurata. La colpa? Di lì a poco scoppierà la Prima guerra mondiale e le attenzioni dei media sono tutte concentrate sulla minaccia incombente della Grande guerra. Eppure, il numero delle vittime è spaventoso: 1.012 morti, tra cui 134 bambini, e solo 465 superstiti. Un dato che fa rabbrividire.

In quel giorno di maggio, tra i passeggeri dell’Empress ci sono anche numerosi emigranti italiani, in viaggio verso il vecchio continente, forse per ricongiungersi ai familiari o per cercare nuove opportunità di lavoro. Molti non ce la fanno. I loro nomi e le loro storie sono stati a lungo ignorati dai manuali di Storia ma fortemente impressi nella memoria di mariti, mogli, figli e padri sopravvissuti al drammatico incidente. L’Imperatrice d'Irlanda giace oggi sul fondale del fiume San Lorenzo, a circa 40 metri di profondità. È diventata una meta per subacquei e appassionati. Commissionata dalla CPL (Canadian Pacific Line) per la rotta transatlantica tra Québec (Canada) e Regno Unito, era stata varata il 26 gennaio 1906. La nave era lunga 174 m, larga 20,1 m, con una Stazza Lorda di 14.191 tonnellate, e poteva ospitare 1.580 tra passeggeri e personale di bordo.

La dinamica dell'incidente

Storstad
La SS Storstad

Intorno all'una del mattino la vedetta segnala la presenza di un'altra imbarcazione, la nave cargo norvegese SS Storstad, che procede sulla stessa rotta, ma in direzione contraria. L'Imperatrice d'Irlanda, comandata dal capitano Kendall, 41 anni di Liverpool, ha cabine lussuose, saloni sfarzosi e persino un campo da cricket e una sabbiera per bambini. Verso l'una di notte naviga nel Golfo di San Lorenzo a 18 nodi, quando la visibilità peggiora a causa della nebbia. Kendal ordina di rallentare a 15 nodi, ma poco dopo viene allertato dalle urla di un marinaio, che avverte la presenza di un piroscafo a sole sei miglia. Dopo qualche minuto, la distanza tra le due imbarcazioni si riduce a due miglia. Il piroscafo norvegese Storstad, contenente 11mila tonnellate di carbone, si sta dirigendo a Cape Fater. Kendall ordina la retromarcia dell'Imperatrice d'Irlanda e invia segnali acustici all'imbarcazione norvegese, ordinandole, inoltre, di virare a sinistra per cercare di evitare l'impatto, ma improvvisamente un ulteriore banco di nebbia avvolge la nave cargo. La distanza tra le due imbarcazioni è ormai minima, solo 100 metri. Impossibile evitare la collisione. La prua dritta della Storstad colpisce il lato destro del Transatalantico, penetrando per quasi 5 metri. Molti passeggeri non hanno neppure il tempo di uscire dalle proprie cabine, morendo intrappolati. Quando la Storstad si disincaglia, con i motori indietro tutta, si scopre un buco nel fianco dell'Imperatrice di Irlanda largo circa 30 metri quadrati, ne consegue che ogni secondo 300 tonnellate di acqua entrano nel piroscafo, facendolo capovolgere su un fianco. In 14 minuti, la nave canadese è completamente sott'acqua. La Storstad, nel frattempo, presta soccorso, calando in mare sette scialuppe e soccorrendo 485 persone. Purtroppo, 20 di loro moriranno poco dopo di ipotermia. Ai soccorsi, durati circa dieci ore, partecipa anche un'altra nave, la SS Lady Evelyn.

Il 27 aprile del 1915, il giudice Dunlop, con la sua sentenza, attribuisce la responsabiltà del naufragio alla SS Storstad e, in particolare, al suo capitano, il norvegese Thomas Andersen. Quest'ultimo avrebbe interpretato male la posizione e la rotta dell'Imperatrice d'Irlanda, virando in una direzione che sarà fatale per molte persone.

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