«Questo è un trionfo e lo devo a te: grazie presidente Uribe». Il primo pensiero del nuovo presidente della Colombia, Juan Manuel Santos va a lui, a Uribe, al suo mentore, al suo creatore. Se oggi Santos ha stravinto, con il 70 per cento dei voti, lo deve anche al suo ex presidente. È per questo che il primo tributo va a lui: «Uribe è stato uno dei migliori presidenti che la Colombia abbia avuto in due secoli di vita repubblicana».
Se Santos ha vinto è perché la strategia di Uribe è piaciuta ai colombiani, quella basata su «sicurezza democratica » e dura lotta alla criminalità, pugno di ferro contro criminalità e guerriglia armata e un’alleanza forte, anzi fortissima con gli Stati Uniti. Santos per i colombiani è questo: il delfino di Uribe da premiare. «Le Farc hanno il tempo contato. Sono e sarò il presidente dell’unità nazionale», ha detto. Vicino a lui la moglie, «la ragione della mia vita», e i suoi tre figli che durante la campagna elettorale hanno registrato a turno video messaggi a favore del padre. Una famiglia molto unita e molto religiosa quella di Santos, 58 anni, economista e avvocato brillante, che sogna di poter imitare Roosevelt e Churchill, che impara a memoria i discorsi che hanno fatto la storia; lui «un borghese colto e raffinato », come lo definiscono i suoi amici, con il pallino della politica.
È questo che i 9 milioni di votanti hanno scelto: lo stesso stile deciso e abbottonato di Uribe, anche lui avvocato, che in otto anni di mandato è riuscito a sconfiggere la criminalità, con l’85% di sequestri in meno. Anche per questo Uribe si ritira con il 75 per cento di popolarità. E il suo appoggio per Santos non è mai stato un segreto. Il suo delfino è sempre stato tanto disciplinato quanto ambizioso. E con tanta fortuna dalla sua parte. Sempre al posto giusto, a partire dal suo esordio a 24 anni. Allora era stato nominato rappresentante della Federazione del Caffè quando ancora il caffè era la principale esportazione del Paese. È stato vicedirettore de El Tiempo , (allora proprietà della famiglia) negli anni in cui il quotidiano esercitava un’influenza molto più forte di televisioni, o internet.
Oggi Santos si è organizzato un gruppo molto tecnico, formato da esperti di prestigio, come Angelino Garzon, veterano sindacalista e abile negoziatore, sarà lui il suo vicepresidente. Insieme dovranno occuparsi delle ombre del Paese. Con il 12,2 per cento della disoccupazione, il Paese si trova a pagare le tasse più alte di tutta l’America Latina, e la metà del Paese è sotto la soglia di povertà. E poi i vicini, con Venezuela e Ecuador i rapporti sono pessimi. Con Quito i contatti si erano troncati nel 2008 quando un accampamento delle Farc venne attaccato dal governo di Bogotà e vennero uccisi una ventina di guerriglieri. L’Ecuador aveva gridato allo sconfinamento. Chavez aveva subito cavalcato l’onda di indignazione, con Chavez dal 2009 è gelo. Santos come Uribe, un uomo pratico che sa prendere decisioni ferree. Nel 2008 i colombiani hanno imparato ad amarlo, quando era ministro della difesa.
Allora era riuscito a portare a casa sana e salva la prigioniera più famosa del mondo, Ingrid Betancourt. In un’intervista al Giornale aveva raccontato di come era riuscito a ingannare i guerriglieri delle Farc. Era tronfio e soddisfatto dei suoi uomini, li difendeva davanti ad ogni accusa, c’erano stai i giornali svizzeri che lo accusavano di aver pagato un riscatto per la liberazione, lui che rivendicava «l’operazione di intelligence tutta colombiana ».
Era stato un successo, nazionale e internazionale. Oggi Santos si è conquistato la stima di tutti, la fiducia delle imprese, dei militari, conosce i mezzi di comunicazione, sa tornare sui suoi passi: «Solo gli imbecilli non cambiano idea».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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