Colombo, l’«Unità» e i pasdaran dell’informazione

Pietro Mancini

Per commentare la minacciosa lettera, inviata da Furio Colombo (Ds) al presidente della Rai, Claudio Petruccioli (Ds), e pubblicata due giorni fa come editoriale dall’Unità, ci sono due strade. Quella dell’ironia e del sarcasmo sulle capacità divinatorie dell’attempato senatore, che si è inventato una mia intervista a Franco Frattini, al GR 3 del 4 settembre, in realtà realizzata e trasmessa il giorno dopo, quando il quotidiano di Padellaro era già in edicola... In tal caso, chi è la «talpa» unionista di Saxa Rubra, che informa, a volte «toppando» di brutto, Colombo, ieri zelante esecutore degli ordini dell’avvocato Gianni Agnelli, oggi pronto a scattare, appena Massimo D’Alema invita Fassino a far la faccia feroce con i giornalisti del servizio pubblico non «embedded»?
L’altra strada, che preferisco percorrere, è quella del tentativo di convincere i capi più ragionevoli e di buon senso dei partiti della maggioranza a non seguire né il vecchio e logoro metodo dei bigliettini con i nomi dei nuovi direttori, denunciato dal pannelliano Capezzone, né Colombo e i «pasdaran» progressisti nelle minacce e nelle intimidazioni agli operatori dell’informazione del servizio pubblico radiotelevisivo, che intendono continuare a fare il proprio lavoro, serenamente, in autonomia e con obiettività.
I Prodi, i Fassino e i Rutelli sono certi che siano più utili, alla democrazia di questo Paese, giornalisti servili e perennemente «laudatores» delle magnifiche sorti e progressive dello squadrone dei 102 governanti, oppure seri e scrupolosi professionisti, che siano liberi di lavorare, e non di porgere i microfoni - senza incorrere nei fulmini dei zelanti e ossequiosi peones della maggioranza - di definire «omelia» un lunghissimo, ma privo di grandi novità, discorso del premier? E altresì liberi di intervistare esponenti del partito di Fausto Bertinotti, i cui voti sono determinanti per la tenuta dell’esecutivo, senza essere tacciati di dar spazio, subdolamente, ai settori più radicali della coalizione del Professore?
Ma, dal momento che quello dell’altro è il secondo attacco, violento e personale, che Furio Colombo mi rivolge, nel giro di pochi mesi, mi chiedo, e chiedo ai lettori, se questa strana «attenzione» non sia dovuta anche al fatto che, nel mio ultimo libro, La questione immorale, ho dato spazio a una dichiarazione, rilasciata dal vice-coordinatore di Forza Italia, Fabrizio Cicchitto. «L’ex direttore dell’Unità - affermava, tra l’altro, il deputato azzurro – non può dare lezioni di etica a nessuno, in quanto sedette a lungo nel Consiglio d’Amministrazione della «Overseas Union Bank and Trust» di Nassau, che Marco Travaglio e Massimo Novelli, nel libro Il processo (Editori Riuniti), hanno definito «la banca off-shore delle tangenti Fiat».

Un sospetto infondato il mio? Può darsi, ma Giulio Andreotti, spesso e volentieri intervistato (infame servo di Berlusconi anche il senatore a vita?) dal GR3, bersaglio degli acuminati strali colombiani, sostiene che a pensar male si fa peccato, ma spesso ci si azzecca...

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