Roma

Da colonia a rifugio okkupato

Ideata dall’architetto Marcello Piacentini come «ospizio marino», la colonia per i bambini affetti da Tbc apre i battenti nel ’32. Due piani, 6 ingressi, tetto a spiovente, la facciata antistante il mare viene disegnata seguendo il modello del tempio etrusco-italico (decorazioni architettoniche lungo le grondaie e colonne). Inizialmente per 50 bimbi, la struttura viene ampliata dall’architetto Vincenzo Fasolo che la porta a oltre 300 posti letto.
Inaugurata il 24 gennaio del ’32 dalla regina Elena, viene donata dal re Vittorio Emanuele III all’amministrazione capitolina a patto che venga utilizzata solo a scopi sociali. Funzionerà fino agli anni ’50 per il soggiorno estivo dei piccoli romani (mensa, teatro, biblioteca, cappella, spiaggia). All’indomani del boom economico viene lasciata alla salsedine e al degrado. I danni provocati dall’abbandono costano all’amministrazione una decina di miliardi di lire per una prima ristrutturazione esterna. Primi anni ’90: arrivano i profughi somali, famiglie sfrattate da un campeggio per morosità (il Campidoglio non paga i conti). Fra rifugiati politici e centri sociali inizia l’okkupazione abusiva. Altri 14 miliardi, fra fondi comunali e regionali, vengono stanziati in occasione del Giubileo per un progetto di riconversione a polo universitario. Nel frattempo è la sede del Dipartimento di salute mentale, di scuole pubbliche, del XIII Comando della polizia municipale, della Caritas, del centro d’accoglienza per extracomunitari (legalizzazione della prima occupazione), della biblioteca comunale. Naufraga (per l’abissale ritardo nei lavori) l’idea del centro d’accoglienza per pellegrini. Stessa storia per l’Università del Mare. Nel 2001 le stanze del secondo «pettine» vengono messe a disposizione dei vigili del fuoco (sfrattati dalla sede storica per i lavori in corso). Poche ore prima della consegna, però, un gruppo di senza casa proveniente da Nuova Ostia pianta le tende nelle camerate.

E ci resta.

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